Il Fariseo e la prostituta: chi dei due è il vero peccatore?
Domenica XI per
annum, anno C Lc 7:36 – 8:3
Il Fariseo e la
prostituta. Chi dei due è il vero peccatore?
È una bella scena
che potrebbe trasformarsi in situazione imbarazzante per Gesù, ma
Lui, come al solita la trasforma in una lezione di vita che stravolge
i parametri umani.
Ci troviamo di
fronte a due persone che vivono il loro rapporto con Gesù in maniera
diametralmente opposta. Chi è nel giusto?
Il Fariseo: di
sicuro era una brava persona. Non attacca Gesù come fanno di solito
i suoi compagni, anzi lo invita a casa sua per il pranzo. Quando poi
a Gesù si avvicina la donna, cosa molto imbarazzante, lui cerca di
giustificare Gesù: “Certamente non sa chi sia questa donna”.
Gesù lo chiama per nome, quindi ci deve essere una certa
famigliarità.
Dall’altra parte
abbiamo la donna. Non ne viene riportato il nome, ma si sa che è
peccatrice, tutti la conoscono. Essa è pure un po’ spudorata, ha
il coraggio di entrare in casa di altri, di sciogliersi i capelli in
pubblico, di toccare un uomo che non è suo marito.
Li potremmo
chiamare: il giusto e la peccatrice.
Ma c’è qualcosa
che non va e a cui nessuno ha fatto caso: il loro comportamento
interno.
Il Fariseo ha un
rapporto con la sua fede molto freddo, legalistico. Segue tutte le
leggi, paga le tasse, fa tutte le preghiere. Con questo crede di
comprarsi, meritarsi il Regno di Dio. Non ha bisogno di essere
salvato, lo può fare da se stesso. Quindi non c’è amore ma un
pagare il debito o il servizio che si vuol ottenere. Questa è la
religione del Fariseo. Ma quando uno paga per ottenere una relazione
che invece dovrebbe essere di amore è come se lui andasse da una
prostituta.
La donna, invece,
non sembra essere fedele né alle leggi, né alle preghiere. Ma essa
vive con senso di colpa per le sue molte mancanze, riconosce di aver
bisogno di essere salvata e trasforma questo suo bisogno in occasione
per iniziare la relazione con Gesù, relazione basata sull’amore,
sulla gratuità. La descrizione del comportamento della donna verso
Gesù ricalca quello che una moglie poteva avere solo col marito.
Allora tra i due chi
è l’amante e chi è il prostituto?
Gesù introduce una
parabola per far capire quello che vuol dire. Due persone hanno
ricevuto molto dal padrone, prestiti che ora non riescono a ripagare.
Il padrone che è buono e generoso, condona ad entrambe i debiti. Chi
dei due lo amerà di più? Chi gli sarà più riconoscente? Colui a
cui è stato perdonato di più.
Ma se noi
applichiamo la parabola alla vita concreta chi aveva ricevuto di più
tra i due?
Il Fariseo aveva
ricevuto una vita agiata, la fede, l’istruzione religiosa, molti
beni e potere. La donna, invece, ha ricevuto una vita da povera, un
vita insicura, instabile.
Allora dovrebbe
essere il Fariseo ad amare di più. Invece lui ha trattato questi
doni come se fossero un qualcosa che ora gli appartiene di diritto e
che non centra più con Dio. Questi doni non gli ispirano gratitudine
o amore ma senso di superiorità, indipendenza, indifferenza.
La donna, che forse
di doni ne ha ricevuti davvero pochi, parte dalla sua debolezza, dai
suoi peccati, dal suo avere bisogno di perdono e di aiuto e trasforma
questo in ricerca di amore. E questo perdono di cui ha bisogno gli è
garantito da Gesù e lei lo ripaga col suo amore.
Al Fariseo non è
perdonato niente, non perché non abbia peccati, ma perché crede di
non averne, crede di non aver bisogno del perdono perché lui è
giusto, ha già pagato quel che c’è da pagare. Le sue preghiere, i
suoi digiuni, le sue elemosine devono bastare a farlo entrare in
paradiso.
L’amore è il
frutto di una relazione gratuita. La donna chiede e riceve, entra in
relazione e così facendo accende il meccanismo dell’amore.
Il Fariseo non si
presenta con le sue debolezze ma con un invito a pranzo, un altro
contributo pagato ma con freddezza, infatti non ha offerto acqua per
i piedi o olio per il capo e non ha nemmeno dato l’abbraccio di
benvenuto. La mensa imbandita che presenta davanti a Gesù diventa un
modo per dirgli che lui di Gesù non ha bisogno ma al contrario ora
tocca a Gesù essere in debito. Lui non ha bisogno di perdono, anzi
non crede neanche alla possibilità di perdono “Chi può perdonare
se non Dio solo?”.
Ed ora a noi:
Su cosa si basa la
nostra relazione con Gesù?
Crediamo di pagargli
il tributo delle nostre preghiere?
Abbiamo davvero un
rapporto di amore, di gratuità, di riconoscimento.
Sentiamo davvero che
abbiamo bisogno di Lui e non possiamo stare senza di Lui?
Come giudichiamo gli
altri: dalle apparenze del banchetto, delle formalità o dalla
capacità di esprimere con sincerità l’amore, il bisogno?