Vivere la settimana santa con il cuore
Una vecchia omelia che feci per aiutare alcune anziane suore a recuperare un po' il valore delle emozioni e dell'affettività
Vivere la Settimana Santa con il cuore e non solo con la mente
Vogliamo fare una piccola
riflessione che ci aiuti a capire di più la settimana che stiamo
vivendo. C’è un pericolo: che sia uno dei tanti ragionamenti ma
che rimanga staccato dall’esperienza di vita. Bisognerebbe che
questa riflessione fosse fatta durante tutti i quattro giorni, un po’
alla volta mentre viviamo o celebriamo i vari momenti di questo
grande mistero. Ma siamo molto occupati. Cosa fare?
Si dice che S. Ignazio ad un
certo punto della sua vita trovò così bello fermarsi a ragionare
sui misteri di Dio per cercare di capirne i significati, che passava
notti intere a seguire questi ragionamenti. Ad un certo punto si
accorse che ci andava di mezzo il sonno e disse a sé stesso: Questa
è una tentazione del demonio. Tornò a dedicare al sonno le ore
dovute. Qualche anno dopo alcuni suoi confratelli ebbero la stessa
esperienza ma non ascoltarono il consiglio di Sant’Ignazio e nel
giro di un anno furono tutti ricoverati al manicomio.
Se voi leggete il libro degli
Esercizi spirituali di S. Ignazio, lui segue un metodo molto strano
che è quello del sentimento e non del ragionamento. Di fronte ai
fatti della vita di Gesù, specialmente quelli della Passione, non si
ferma a spiegarli, ma chiude gli occhi e immagina di essere lì
presente lasciando che le sue emozioni siano coinvolte nella scena.
Sant’Agostino diceva: “Amor
meus pondus meum”, cioè io vado dove mi porta il mio amore. Il
Vangelo dice: Dove c’è il tuo tesoro là c’è il tuo cuore. Voi
non vi innamorate di un bel ragazzo perché sapete che pesa 70 chili,
che è alto un metro e ottanta, che tipo di sangue ha, che studi ha
fatto ecc. Cominciate a innamorarvi quando siete coinvolte nella sua
storia, quando cominciate a conoscere le sue sofferenze, le sue
lotte, i suoi desideri, e nasce dentro di voi la voglia di
condividerne gli sforzi, di consolarlo. Questi sentimenti vi danno la
forza di fare delle scelte pazze che nessun ragionamento vi
porterebbe a fare. Questo è amore.
Il consigli che vi voglio dare
e che viene da S. Ignazio è quindi quello di cercare di vivere
questi giorni lasciando da parte tutti i ragionamenti, ma per una
volta lasciare libero spazio ai sentimenti e alle emozioni.
Purtroppo negli ultimi due secoli, nella Chiesa e specialmente nei
conventi si è instaurata l’idea che un religioso deve essere
padrone delle sue emozioni e non manifestarle, perché questo è
pericoloso. Forse anche noi siamo cresciuti con questo tipo di
formazione. Dobbiamo recuperare questa parte di noi che è il
sentimento e imparare ad usarlo.
Quando meditate in questi
giorni, chiudete gli occhi cercate di immaginare la scena. Non
ragionamenti ma lasciare che la scena scorra e noi in silenzio
seguirla, notare le cose, i particolari, gli sguardi il tono della
voce, i colori e passare un po’ di tempo con lui. Gesù è con i
discepoli seduti attorno al tavolo dell’ultima cena. Lo sguardo di
Gesù è carico di passione, di emozione, la voce forse un po’
tremula cosciente che sta dando qualcosa di importante e che forse i
discepoli non riescono a capire. Ho desiderato ardentemente mangiare
questa Pasqua con voi. Pietro si scandalizza per la lavanda dei piedi
e Gesù lo compatisce e lo rimprovera dolcemente. Giuda si alza per
andarsene e Gesù che lo guarda sapendo dove va e cosa questo
significherà per lui, ma nonostante tutto non riesce a provare odio
per lui, ma solo pena e amore. E pensare che io spesso non so
ascoltare la voce di chi mi parla e se qualcuno la pensa diverso da
me o fa qualcosa a me verrebbe subito voglia di spaccargli il muso e
nel mio cuore non c’è amore.
Lasciatevi coinvolgere dalle
fiamme che escono dal cuore di Gesù.
Mente prega suda sangue perché
sente tutta la sofferenza fisica, psichica e anche di fede. Tutte le
sue emozioni, pensieri e anche reazioni sono presenti in quella
preghiera e il corpo reagisce.
Pensate al calvario, ma non
attraverso la vostra testa e neppure attraverso quella di Maria, ma
attraverso il suo cuore immacolato di cui voi siete figlie. Cosa
vedeva Maria in quel momento? Cosa sentiva dalle persone vicine?
Quali erano le reazione che avvenivano dentro il suo cuore di Madre
che forse avrebbe voluto morire in quello stesso momento ma che sa
che la sua missione non è finita. A Betlemme aveva preso tra le
braccia il Figlio di Dio per consegnarlo al mondo. Ora il mondo glie
lo ridà morto e lei lo prende tra le braccia per consegnarlo alla
tomba e a Dio.
Naturalmente questi sono
esempi, e ce ne sono tantissimi altri ad esempio le emozioni di
Pietro al canto del gallo, il desiderio di Gesù di salvare tutti
dalla croce, la sua sete di anime, il suo momento di buio della fede
in cui esclama “perché mi hai abbandonato”, la gioia di Maria
nel rivederlo la domenica mattina, l’emozione dei discepoli di
Emmaus mentre ritornano in fretta a Gerusalemme a dire agli apostoli
che hanno visto il Messia.
Voglio chiudere leggendovi una
paginetta del Cardinale Martini:
“Solo chi si è messo
esistenzialmente con Cristo crocifisso, chi ha sperimentato la
propria debolezza, la propria incapacità a farcela a portare a
termine la elezione in maniera efficace … è pronto per ricevere la
parola di resurrezione come dono di Dio e non come sforzo acquisito.
Perché risulti pienamente chiarificata, ogni scelta di vita deve
passare attraverso la paura di non farcela, la paura della morte
vissuta nell’esperienza della passione di Cristo. Insomma è tempo
di passare dal Kerigma blaterato, pronunciato senza intenderlo, alla
gioia del Kerigma sperimentato”.