Maria 1: Spirito di fiducia amorevole
In occasione della festa dell'Assuna la prima di alcune riflessioni sulle "doti" di Maria.
Tracce di un triduo predicato alle Missionarie della Carità (M. Teresa)
1° giorno
1° giorno
Spirito di Fiducia amorevole.
Quando
si affronta qualsiasi discorso spirituale va subito messa in chiaro
una cosa: Noi siamo religiosi in quanto abbiamo scelto di seguire
Cristo più da vicino e farlo diventare modello della nostra vita.
Naturalmente
quando si parla di cose spirituali, bisogna considerare che il modo
di vedere, tipico umano, è decisamente insufficiente.
Attenzione!
Non diciamo sbagliato, ma insufficiente, e come tale può portare a
fare degli sbagli.
Noi
tutti Cristiani siamo chiamati a dare il nostro contributo al piano
di Dio, che è quello di riunire tutte le cose in Cristo, per farle
diventare parte del suo regno. Noi religiosi abbiamo una parte
importante e speciale in questo piano, perché con la nostra
consacrazione diventiamo strumento privilegiato nelle mani di Dio.
Naturalmente ognuno ha un compito particolare, a seconda del carisma
proprio della Congregazione, e un modo particolare di portare avanti
questo carisma a seconda della spiritualità propria.
Ad
esempio: Noi dell’Opera di Don Orione abbiamo come scopo quello di
riportare alla Chiesa le persone lontane, e come mezzo per farlo
utilizziamo l’esempio e la provocazione delle opere di carità.
Per
quanto riguarda la vostra missione, basta leggere il n. 3 delle
Costituzioni.
Va
sottolineato che il fine vostro è tipicamente spirituale: spegnere
la sete di anime di Cristo. Il mezzo, poi, è tipicamente apostolico
e quindi pratico.
Attenzione
a non invertire di posto le due parti perché se no si rischia di
fare errori grossi.
Se il
fine è spirituale, il modo di metterlo in pratica, pur essendo
materiale avrà una forte spinta spirituale. Se il fine è pratico,
ad esempio aiutare i poveri, questo influenzerà notevolmente il
mezzo, fosse anche spirituale, perché sarà influenzato dal
risultato che ottiene. Allora diventa più difficile la preghiera,
l’abbandono a Dio ecc.
Abbiamo
detto che dobbiamo seguire l’esempio di Cristo. Esso ci provoca
proprio su questo punto. Ci provoca proprio sul come portiamo avanti
il nostro apostolato, perché il suo modo di agire non fu quello
dell’efficacia, ma quello dell’obbedienza al Padre, e questo lo
ha portato ad essere rigettato dalla gente.
Se
noi leggiamo attentamente il Vangelo di Giovanni, vediamo che Gesù
concentra i suoi miracoli nella prima parte, fino alla
moltiplicazione dei pani. In quel momento, che è quello di maggior
gloria, momento in cui vogliono incoronarlo re, lui si accorge del
pericolo grosso che la gente sbagli e quindi fa il grande discorso
del pane di vita (cap. 6) in cui richiama la gente a non fermarsi
all’esteriorità delle cose, ma ad andare al vero significato
profondo. Cristo non è venuto per essere glorificato, ma per essere
“mangiato”, e allora la gente lo abbandona. Solo Pietro e gli
Apostoli rimangono con Lui. Quando poi all’ultima cena mostra agli
Apostoli qual’è il Gesù che devono imitare, cioè il servo che
lava loro i piedi, allora è proprio Pietro il primo a
scandalizzarsi.
La
via scelta da Cristo non è mai stata la via del successo, ma quella
dell’obbedienza al Padre che gli chiede di salire sulla croce.
Nel
suo discorso inaugurale egli proclama beati i poveri, gli afflitti,
gli affamati ecc. Essi sono beati perché lui è venuto a provvedere
loro, ma soprattutto perché lui ha deciso di condividerne la sorte.
Se
noi guardiamo al nostro apostolato solo da un punto di vista umano,
vediamo che le esigenze si moltiplicano. Se vogliamo essere efficaci
ci vuole questo nuovo apparecchio, questa nuova struttura, ecc. Ma
più si segue questa logica, più si vede che le esigenze, invece di
diminuire crescono. Nessuna struttura al mondo, per quanto perfetta,
è in grado di rispondere ai bisogni dell’umanità. Per cui tutti
devono, prima o poi, fare i conti con momenti di sconfitta, di
incapacità ecc.
Gli
psicologi dicono che di fronte all’impotenza, il trucco non è il
riuscire a fare quello che ancora non si è riusciti a fare, ma ad
accettarla e conviverci. Per noi Cristiani il segreto è riuscire a
trasformarla in motivo di redenzione.
Come
fare? Cambiando modo di pensare. Abbracciando quello che voi
chiamate “Amorevole fiducia” in Dio.
I
motivi per farlo sono tanti e sono bene enumerati nelle vostre
regole.
A ben
pensarci sono anche veri, perché rispettano tutti i canoni della
nostra religione, dalla teologia alla Scrittura.
Essi
però corrono il pericolo di essere una bella teoria, poetica, che
possiamo imparare a memoria e recitare finché le cose vanno bene.
Ma poi quando viene un problema, quando subentra una crisi, quando
le cose non vanno come vorremmo, ecco che ci si dimentica della
teoria e la poesia svanisce.
Ricordo
che il Papa Giovanni Paolo II, in uno dei suoi primi discorsi (1979)
parlando di Maria ai piedi della croce disse che lei fu
“amorevolmente consenziente” al mistero.
Umanamente
parlando quella fu la cosa più difficile da accettare. Al momento
dell’annunciazione era difficile credere in quello che l’angelo
stava dicendo, ma ci si trovava di fronte a qualcosa di
straordinario, e con un po’ di fede si poteva arrivare a credere,
considerando anche che nell’AT c’erano degli esempi di annunci
divini di nascite particolare (Samuele, Sansone).
Qui
ai piedi della croce è diverso. Non c’è nulla di straordinario a
dare coraggio. Quel figlio che per trent’anni ha visto potente e
operatore di miracoli, che ha mostrato in molte occasioni di essere
veramente quel salvatore di cui aveva parlato l’angelo, ora sta
per morire. Crolla tutto, è la fine.
Invece
no! Maria soffre ma non si dispera, offre, perché è amorevolmente
consenziente.
Il
segreto di Maria sta in quel avverbio: “amorevolmente”.
Lei
fin dall’inizio ha amato Dio, ha amato il suo piano, ha amato il
suo modo di realizzarsi. Non poteva ritirare l’amore proprio ora
che le era chiesto di essere fedele.
Ha
amato, cioè ha gioito di essere partecipe al piano, anche se ha
sempre riconosciuto che il suo contributo era ben poca cosa di
fronte a tutto ciò che Dio fa. Questo rafforza ancora di più
l’amore perché ha la sua sorgente nella gratuità.
A
noi è richiesta la fiducia in Dio, nei santi, nella Chiesa, nei
superiori. Questa fiducia deve nascere dall’amore e svilupparsi
nella gratuità, oppure presto o tardi fallirà.