Portatori del fuoco dell'amore
A chi apparteniamo noi?
Oggi è la giornata missionaria mondiale. Quest’anno il Papa ha scelto come tema per la nostra riflessione la frase: “Cuori ardenti, piedi in cammino”. È un chiaro riferimento all’esperienza dei due discepoli di Emmaus. Essi si trovavano in un momento di forte delusione perché il loro maestro, colui che aveva inspirato in loro grandi sogni, è stato ucciso. Se ne vanno delusi come se nulla avesse più senso. La vita ritorna nel loro cuore quando riflettono sulla Parola di Dio, guidati da uno sconosciuto. I loro cuori, da freddi diventano infuocati: “Non ardeva forse il nostro cuore mentre egli parlava a noi?”. Quando poi riconoscono che colui che parlava era proprio il loro maestro, allora il fuoco diventa incontenibile e da persone depresse che scappavano dalla vita, si trasformano in missionari che corrono ad annunciare la buona notizia.
Questo messaggio è importante per noi. La Parola di Dio è sempre a nostra disposizione e lì possiamo trovare le risposte a tutte le domande che ci turbano. Dobbiamo solo avere il coraggio di prenderla in mano con frequenza e lasciare che sia Gesù stesso a guidarci nella riflessione. L’essere missionari non è il frutto di una scelta lavorativa, ma di un cuore che trabocca di cose belle e che sente il bisogno di condividere con gli altri.
Cosa c’entra tutto questo con il brano che abbiamo appena letto?
Il brano si presenta come una discussione politico-amministrativa: dobbiamo pagare le tasse o no? A chi dobbiamo pagarle? In realtà il brano nasconde una questione molto più profonda.
La domanda è rivolta a Gesù da due gruppi che di solito erano su posizioni opposte, quindi ha un duplice significato: da una parte gli Erodiani gli stanno chiedendo: tu che politica segui, pro o contro Roma? I Farisei, dentro di sé chiedono: tu che religione segui, Yahwé o l’idolatria?
Gesù, chiedendo di vedere la moneta, sposta completamente il discorso.
La risposta di Gesù non può essere affatto interpretata, come è avvenuto tante volte, nel senso di una separazione dei poteri: da una parte quello civile e dall’altro quello religioso. Gesù, vuole indicare all’uomo, nella sua totalità, la sua appartenenza a Dio.
Ogni cosa appartiene a colui di cui reca l’immagine. Da una parte è vero che la moneta appartiene a Cesare perché ne reca l’immagine, ed è dunque ammissibile che quelle monete ritornino a lui. Però è altrettanto vero che l’uomo reca in sé l’immagine di Dio, fin dalla creazione. Pertanto l’uomo deve ritornare a Colui di cui reca l’immagine, ovvero a Dio. Se dunque accettiamo di aver bisogno di cose materiali perché apparteniamo a questo mondo, dobbiamo però ricordarci che l’uomo, nella sua interezza, in tutti i suoi aspetti, fisici, psicologici, spirituali, morali, intellettuali, sociali, appartiene a Dio, e a Lui deve ritornare.
Ecco il collegamento tra la giornata missionaria e il Vangelo. Noi ci lasciamo preoccupare e condizionare dalle cose materiali che appartengono a questo mondo e che per natura sono precarie e temporanee. Ma noi apparteniamo a Dio e solo quando riconosciamo questa apparenza possiamo avere la capacità di superare i problemi umani temporanei. Ridare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio vuol dire che possiamo usare le cose materiali, ma in modo da riconsegnare a Dio l’uomo e la sua dignità; vuol dire ristabilire tutte le cose nel loro posto giusto, cioè nelle mani di Dio e del suo amore. Questo è il carisma di Don Orione questa è la nostra vocazione da missionari.
Dobbiamo chiederci: quanta parte del nostro cuore è occupata dalle cose materiali e quanta da quelle spirituali? Sono consapevole di appartenere a Dio? Sento la gioia di essere con Lui? Sento il desiderio di comunicare questa bella notizia anche agli altri?