L'inganno del potere
Autorità o Potere? (Mc 10,35-45)
Non so perché, quando anni fa nello scegliere le letture delle varie domenica, hanno deciso di omettere alcune righe del vangelo. Domenica scorsa eravamo arrivati al verso 31 del capitolo 10 di Marco, oggi ricominciamo dal verso 35. Cosa è contenuto nelle righe mancanti? Il terzo annuncio della morte di Gesù. Dopo i primi due annunci che abbiamo ascoltato alcune settimane fa, Gesù per una terza volta dice chiaramente ai discepoli che non appena arriveranno a Gerusalemme, Lui sarà messo a morte. L’evangelista poi commenta che i discepoli furono presi dalla paura. Probabilmente chi ha scelto le letture avrà pensato che era inutile ripetere ancora questo argomento, o forse avrà ritenuto che sarebbe stato difficile per la gente comprendere l’apparente diversità tra queste righe e quelle che abbiamo letto oggi. Io ritengo che non si può comprendere bene il significato del vangelo di oggi se non è visto alla luce della paura di andare a morire a Gerusalemme. Senza di essa non si capisce la risposta che Gesù dà alla domanda di Giacomo e Giovanni, né i due segni che propone: il calice e il battesimo.
Non so cosa avranno pensato Giacomo e Giovanni. Forse, a differenza degli altri, si sono lasciati attirare dalle parole: «dopo tre giorni risusciterà», quindi se Gesù aveva intenzione di compiere il grande miracolo del rinascere dalla morte, come aveva fatto con il figlio della vedova di Naim e con la figlia di Giairo, la speranza che Gesù conquistasse il regno di Davide e si mettesse a capo di Israele non era finita, ma anzi, con un miracolo così grande avrebbe attirato tutta la gente al suo seguito. Questa era l’occasione buona per presentare a Gesù il loro sogno: diventare famosi, capi del popolo, dopotutto in varie occasioni, quando Gesù aveva scelto solo alcuni dei discepoli, aveva chiamato loro due con Pietro (ad esempio sul Tabor e nel Getsemani). Allora fanno la loro richiesta: Quando avrai preso il potere, concedici di essere al tuo fianco.
Il desiderio del potere è in noi fin da piccoli. Purtroppo l’educazione che riceviamo non ci aiuta, né tantomeno l’esempio che ci danno i grandi. L’arrivismo, le lotte politiche, le gelosie sul posto di lavoro, sono la normalità nella nostra società e diventa sempre un prevaricare sull’altro per essere i primi: «mors tua, vita mea». Troppe persone vivono la vita come un’eterna gara che ci lascia nella frustrazione di non sentirci mai arrivati; Non appena raggiungiamo un traguardo subito sentiamo che non basta, ci vuole di più. Il card. Ratzinger nel 1997 ha scritto: «la Chiesa per molti sta diventando l’ostacolo principale alla fede, perché non riescono a vedere in essa che la corsa al potere».
Come reagisce Gesù? Noi, ci saremmo arrabbiati o scoraggiati, ma Lui non risponde con disprezzo, li porta a riflettere sulle conseguenze di quello che chiedono. Cerca nel loro desiderio distorto, la matrice buona che c’è. Volete partecipare alla mia gloria? Questo è bello, ma il venire con me richiede dei sacrifici: siete sicuri di poter entrare nella mia strada, accogliere quello che io accolgo? La pedagogia di Gesù è: tirate fuori il vostro sogno, cosa vorreste essere, parlatene con me. Questo è il primo insegnamento: la preghiera fatta bene è sempre esaudita, non perché tu riesci a convincere Gesù a darti quello che vuoi, ma perché tu arrivi ad adeguarti al suo modo di pensare. Tiriamo fuori i nostri sogni davanti al Signore, valutiamoli per suscitare il meglio di noi stessi. Loro vogliono essere persone di successo, Lui dice: Fate bene a voler essere grandi, ma avete in mente la meta sbagliata, adesso vi dico come fare.
Per dare il suo insegnamento, Gesù evoca due immagini dell’Antico Testamento molto provocatorie e per certi versi violente: il calice e il battesimo. Il calice, non è solo il calice della gloria, ma soprattutto il calice dell’amarezza e dell’ira di Dio, è un’immagine che evoca vendetta e morte, non a caso è sul calice che Gesù pronuncia una delle benedizioni durante l’ultima cena, sostituendo il proprio sangue al sangue dell’agnello, offrendo se stesso come riscatto, cioè come prezzo, per la liberazione degli uomini tenuti schiavi dalla morte. Gesù è infatti il goel, ovvero, secondo l’Antico Testamento, colui che libera, salva, paga il riscatto. La parola bere, poi, richiama la sete. La sete della cerva del salmo «Così ha sete di te l’anima mia»; la sete della samaritana che chiede a Gesù l’acqua viva; la sete di Gesù sulla croce dove beve quel calice del quale aveva pregato nel Getsemani: «Se è possibile passi da me questo calice».
Parlando, poi, di battesimo, Lui richiama alla loro mente il Battesimo che avevano ricevuto da Giovanni il Battista, cioè fare penitenza per i propri peccati, lasciare che le acque del fiume li coprissero come avevano coperto gli Egiziani nel mar Rosso. Gesù è colui che si lascia immergere per essere travolto dalle acque del nostro male, quelle acque di morte dalle quali il Padre lo tirerà fuori, mostrandolo vincitore della morte.
Siete disposti a bere il calice, cioè a condividere il mio compito e ad essere immersi nel mio destino? Loro sono confidenti: «Lo possiamo». Bene! Infatti alla fine loro saranno pronti, ma se noi seguiamo Gesù e la sua missione, allora bisogna capire che i posti vengono assegnati con una logica diversa. Se la gloria di Gesù trova la sua espressione sulla croce, allora diventa significativo che in quel momento alla destra e alla sinistra di Gesù non siederanno Giacomo e Giovanni, ma due peccatori, i due ladroni, due uomini condannati e giustiziati. Accanto a Gesù, nella sua gloria, siedono i condannati e gli esclusi di ogni tempo, quelli che noi penseremmo non siano degni di accostarsi a Lui. Noi vorremmo conquistarci i posti migliori, ma accanto a Gesù siedono coloro che non hanno merito.
Gli altri dieci apostoli si sdegnano perché anche loro volevano lo stesso. Questo è il primo scisma della Chiesa. Tutti gli scismi della storia della Chiesa sono sempre sorti per questioni di potere.
Domenica scorsa Gesù ci aveva insegnato i rischi derivanti dalla ricchezza e il modo corretto di usare dei beni terreni, condividendoli con gli altri. Oggi ci insegna il vero senso dell’autorità che non va esercitata con il dominio ma con il servizio.
Gesù chiama a sé tutti i dodici e inizia la sua lezione: «Voi sapete che i grandi esercitano sulle nazioni il potere, ma tra voi non sia così. Chi vuol essere il primo sarà il servitore». Forse mi direte: ma Don Oreste, tu finisci sempre a parlare dello stesso argomento, del servizio. Per togliermi lo scrupolo, sono andato a vedere quante volte si parla di esso nel Nuovo Testamento. Ebbene abbiamo 29 volte la parola «diakonos», 36 volte il verbo «diakonein», 124 volte la parola «doulos» e 109 volte «douleuein». Vi sfido a trovare un concetto più ricorrente di questo, eppure nella storia della Chiesa sembra essere il concetto più dimenticato.
Anche noi possiamo cadere nella stessa tentazione quella cioè di ricercare le lodi della gente.
Pensiamo a quante volte litighiamo con altre persone solo perché vogliamo apparire migliori o più importanti. Pensiamo a quante volte abbiamo fatto cose, anche belle e meritevoli, ma solo per essere visti. Pensiamo a quante volte abbiamo detto o avremmo voluto dire: "qui comando io, si deve fare così e non si discute".
Gesù è molto chiaro e deciso su questo punto: "Tra di voi non deve essere così, chi vuol essere il più grande si faccia vostro servitore, chi vuol essere il primo si faccia servo di tutti".
Lungo la storia, i soldi e il potere sono sempre stati la causa delle disgrazie e delle divisioni maggiori, sia negli stati, come nelle famiglie e persino all'interno della Chiesa, mentre l'esempio dei santi è sempre stato quello di povertà, servizio e umiltà. Tra i Cristiani non c'è posto per orgoglio, egoismo, superbia. La via dei Cristiani non è quella della gloria ma quella della croce, perché quella è stata la via di Cristo.
Dobbiamo imboccare con coraggio la via della croce perché chi è disposto a servire deve accettare le conseguenze della sua scelta. "Potete bere il calice che io berrò e ricevere il battesimo che io riceverò?".
Voglio chiedervi: Voi stimate di più Madre Teresa e Don Orione che hanno speso la loro vita tra i poveri, o i politicanti che vanno in giro a predicare e poi fanno scelte totalmente opposte a quelle che predicano, magari anche danneggiando la loro stessa nazione che proclamano di servire? Se scegliamo i primi, perché poi ci comportiamo come i secondi?
L'unica vera legge dei Cristiani è la legge dell'amore e noi, se vogliamo essere coerenti con quello in cui crediamo, dobbiamo sforzarci di amare gli altri ma nel modo giusto, in umiltà e senza secondi fini.
La vita trova senso solo quando è spesa per qualcuno o per qualcosa. Se si è concentrati solo sulla propria sete, siamo condannati alla follia dell’arsura e la vita diventa ossessione, perché continuiamo a bere ai pozzi avvelenati del potere.