Svegli come innamorati
Per un'attesa attiva
1a domenica di Avvento (Mc 13,33-37)
Ogni anno celebriamo l’avvento per prepararci alla venuta del Signore, ma gli altri anni, questo Signore lo abbiamo incontrato o no? E se lo abbiamo incontrato perché lo abbiamo lasciato andare via? Dopo tutto lui ci aveva promesso “sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.
La realtà, forse, è che il Signore è già venuto 2000 anni fa, ma in pratica in molti casi, deve ancora entrare nella nostra vita. Dobbiamo imparare a riconoscerlo e ad accoglierlo.
Questo tempo di avvento ci inviterà a guardare al passato, cioè ci farà celebrare la venuta di Gesù nella storia, ma se la nostra riflessione non si trasferisce al presente, rimane storia, cioè inutile. Il lavoro da fare è chiederci: cosa significa per noi oggi questa venuta del Signore?
Per comprendere meglio chi è che viene, dobbiamo prima renderci conto dell’oscurità in cui ci troviamo, cioè del “cosa ci manca”, per poi desiderare con più forza la venuta della luce che dia senso a tutto quello che ci sta attorno. Qual è la notte in cui viviamo? Ognuno di noi, dentro di sé, può trovare delle zone di buio su cui ha bisogno di fare luce. Per qualcuno potrebbe essere una notte inquieta fatta di scrupoli per i compromessi; per altri, la notte di chi ha paura per gli errori commessi e l’incertezza sul cosa avverrà poi; per altri ancora, la notte di chi non riesce a calmare la rabbia, di chi si sente tradito, di chi si sente fallito, di chi ha perso il senso della vita, la notte del dolore. Chi è avvolto dalle tenebre di queste notti è inutile che attenda la venuta della scienza e della tecnica a risolvere i suoi problemi, si aspetta la venuta di qualcosa o qualcuno che possa portare una luce vera e duratura. Da qui l’invocazione: Vieni Signore Gesù.
Ma come vivere questa attesa? Guardando al vangelo di oggi, vediamo che c’è un verbo che viene ripetuto ben 4 volte da Gesù: Vegliate. Che cosa significa vegliare? Vuol dire “stare svegli”, stare con gli occhi aperti, “fare attenzione”, come dice lui stesso nella prima riga.
I discepoli di Gesù si trovavano a Gerusalemme e stavano contemplando la bellezza del tempio, ma Lui ne predice la distruzione. In quell’occasione, il popolo di Israele sarà avvolto dalla tenebra dell’angoscia, dello smarrimento. Gesù dice: “Vegliate!” Quando cose del genere accadono, ci sono dei pericoli da evitare ma anche delle opportunità da cogliere perché non torneranno. State attenti a che nessuno vi porti fuori strada.
“Non sapete quando è il momento”. Lui non sta parlando solo della caduta di Gerusalemme e della distruzione del tempio, ma si sta riferendo anche a qualcosa di più vasto che non è neanche la sua venuta alla fine del mondo o alla nostra morte. Se fosse così, sarebbe un messaggio importante ma che ci fa paura. Molte persone, oggi, hanno paura che il Signore venga.
Il momento di cui parla è kairòs, non kronos. Il kronos è la successione dei fatti, la cronologia; il Kayros, in greco, è l’opportunità, un qualcosa di bello da acciuffare al volo se no lo perdiamo. Gesù ci sta dicendo: State attenti perché potete perdere le opportunità che il Signore vi dà.
Poi racconta una breve parabola che richiama, più o meno, quella sentita due settimane fa. Un padrone di casa è partito e ha lasciato la sua casa ai suoi servi per custodirla. È Gesù che se ne è andato dopo l’Ascensione, ma la sua non è un’assenza ma una presenza diversa che non tutti sanno riconoscere. Lui ha promesso: “Io sono con voi fino alla fine dell’era presente”.
I servi di cui si parla sono quei discepoli che hanno fatto la scelta di seguire la proposta del Maestro e la casa è la comunità dei credenti, la Chiesa. I servi sono chiamati a custodire la casa fino al momento del suo ritorno. Di fronte ai vari problemi che incontriamo, penseremmo che il modo migliore di custodire la casa sia chiedere una soluzione alla scienza e alla tecnica, speriamo che esse ci diano delle risposte attuabili; ma ci sono dei campi, quali ad esempio l’etica, che non possono dipendere dalla scienza. La tecnologia o la ricerca scientifica non possono dettare le scelte etiche e morali, decidere sul comportamento nella “salvaguardia della casa comune” come direbbe papa Francesco, ma neppure sul comportamento nella vita privata.
Allora assume particolare importanza il “portiere” di cui parla la parabola, perché è lui l’incaricato di aprire o chiudere la porta. Questi è la nostra coscienza. Deve vegliare perché saranno molti che si presenteranno per fare proposte attraenti ma false. Guidati da una buona coscienza dobbiamo riconoscere chi sono i briganti o i truffatori e chi, invece, le persone oneste. E qui Gesù rinnova l’invito: Vegliate perché lo sviluppo moderno presenta occasioni da non perdere, ma che vanno usate nel modo giusto.
Voglio sottolineare ancora l’attitudine del portiere o custode che veglia lottando contro il sonno e soprattutto contro l’intontimento spirituale; che tiene gli occhi ben aperti e scruta l’orizzonte per cogliere chi e che cosa sta per giungere. Vegliare è un esercizio faticoso, perché in esso occorre impegnare la mente e il corpo, ma è un esercizio generato e sostenuto da una speranza salda: c’è qualcuno che giunge, qualcuno che è alla porta; qualcuno che, amato, invocato, ardentemente desiderato, sta per venire. Non è, quindi, una sentinella che attende il nemico ma un amante che attende la persona amata.
Forse noi passiamo buona parte della nostra vita, addormentati, senza alcuna consapevolezza di quello che sta avvenendo intorno a noi e persino dentro di noi. Viviamo distratti, incapaci di dare un senso a quello che ci capita, un po’ per pigrizia, un po’ per paura di aprire gli occhi e restare delusi.
Noi sappiamo chi viene: Gesù. L’attenzione e la vigilanza richiamate in questa parabola, sono totalmente relative a Lui. Il discepolo veglia in attesa di un incontro, rimane desto, lotta contro l’appesantimento del sonno e la fatica della veglia per riconoscere e accogliere la venuta del suo Signore.
Il luogo dove il discepolo si esercita nell’arte della veglia è la quotidianità. Nello scorrere feriale del tempo il cristiano si allena allo sguardo profetico che riconosce i segni della presenza del Regno e la venuta del Signore. A volte sono segni impercettibili che solo un cuore che sa sincronizzarsi al ritmo cardiaco del Regno può intuire. Segni che solo uno sguardo educato al silenzio, plasmato dalla Parola e appassionato nell’amore è in grado di decodificare. Segni che solo mani e braccia allenate al servizio dei poveri e all’accoglienza incondizionata degli ultimi sanno afferrare e abbracciare. La vigilanza che Gesù ci chiede è esercitata nella quotidianità.
Quando Cristo busserà alla nostra porta, sapremo riconoscerlo?
Icona dell’avvento è Maria che è incinta di Gesù. Per nove mesi attende con ansia la nascita di suo figlio che però è già vivo in Lei e lo sente muoversi e crescere. Non vede l’ora di poterlo vedere e abbracciare ma si prende già cura di Lui oggi.