Come seguire Cristo? Cosa ci succederà poi?


Il pastore bello e le sue pecore (Gv. 10, 27-30)
Per comprendere bene il vangelo di oggi dobbiamo fare prima una presentazione di tutto il capitolo 10 di Giovanni, il capitolo del “Pastore bello”.
Gesù è nel tempio, sotto il portico di Salomone, il portico dove si riunivano i rabbini per dare le loro interpretazioni alla legge. Allora quando i capi del popolo vedono Gesù lì gli si fanno attorno per cogliere da lui qualche frase, qualche interpretazione eretica con cui poi condannarlo. Già nel capitolo precedente si dice chiaramente che i capi cercavano un modo qualsiasi per condannarlo.
Si presentano a Lui con una provocazione: “Fino a quando tu ci terrai nell’incertezza? Se sei tu il Cristo diccelo”. Gesù risponde in modo molto forte. Presentarsi come Messia voleva dire che era venuto a restaurare il Regno in cui Israele sarebbe stato posto sopra tutte le nazioni. Gesù dice voi non centrate nulla con il progetto di Dio. Voi siete ladri, mercenari, lupi, non veri pastori, non certamente come gli agnelli del mondo nuovo di Gesù.
La concezione antica del mondo era che tutto è basato sulla forza: uno regna fino a che arriva uno più forte che lo schiaccia e prende il suo posto e via di seguito. Il più forte schiaccia il più debole. Questo è il mondo delle belve. Cos’è l’uomo in questo mondo vecchio? Quanto vale? Nel libro di Amos si dice: L’uomo vale meno di un paio di sandali.
Il popolo di Israele aspettava un Messia che cambiasse il mondo, che instaurasse il Regno di Dio, ma lo pensavano un Regno come gli altri mondi con la differenza che stavolta erano loro a comandare.
Quindi alla domanda “sei tu il messia” Gesù cambia completamente discorso per far capire che il suo modo di concepire il mondo nuovo è totalmente diverso. Il Messia che loro hanno in mente non ha nulla in comune col Messia di Gesù. Il suo Regno è l’opposto. Nel nuovo Regno, chi sarà onorato? I poveri. Loro sono in alto, i ricchi e i potenti stanno sotto.
I capi del popolo che si trovavano ora davanti a lui e lo interrogavano usano ancora i criteri del mondo antico allora non appartengono al suo gregge, ma anzi sono chiamati “ladri, mercenari, lupi”.
Veniamo ora al brano di oggi che parte di questo grande discorso.
Chi appartiene al gregge di Gesù? Il gregge di Gesù è formato da coloro che accolgono la sua proposta di mondo nuovo. Essi sono caratterizzati da 3 verbi:
1 – “Esse ascoltano e riconoscono la mia voce”. Ascoltare è un verbo importante nella Bibbia, basta pensare alla preghiera della “Shema Israel”, “Ascolta Israele!”, preghiera che tuttirecitavano 3 volte al giorno. Secondo la bibbia il rapporto tra Dio e il suo popolo non è caratterizzato dalla visione (Dio nessuno lo può vedere), ma dall’ascolto. Nel solo libro del Deuteronomio questo verbo appare più di 100 volte. Ascoltare è più che sentire, è dare attenzione alle parole che vengono dette. La sua non è una voce qualunque quindi dobbiamo fare attenzione ad ascoltare la sua. Come la si distingue da quella delle altre? Dal discernimento della testimonianza interiore dello Spirito. Dobbiamo comprendere se le nostre passioni, desideri, propositi vengono da Dio o dal mondo; se ci portano a Dio o ci allontanano da Lui; se ci rendono più simili a Cristo o meno.
2 – “Io le conosco”. Conoscere in senso biblico implica una relazione, comunione di vita tra lo sposo e la sposa che condividono gli stessi progetti. Questo è un verbo usato in ambiente matrimoniale. È dono di sé all’altro, comunicazione. È scoperta reciproca. Gesù qui lo usa per mostrare la piena comunione di vita tra lui e le pecore che lo hanno scelto. Indica un Dio che è innamorato di noi.
3 – “Esse lo seguono”. Dove sta andando Gesù? La sua meta è il dono totale di sé, il dono della sua vita. La direzione che Gesù ci indica è ben tracciata: il Pastore diventa agnello mansueto che sarà sacrificato per la nostra salvezza.
Se mettiamo in pratica questi 3 verbi siamo sue pecore e allora possiamo godere di quanto lui ha preparato per noi.
E cosa ha preparato per noi? Quali sono le sue promesse?
Anche qui ci sono 3 verbi che indicano le promesse che il pastore fa a coloro che lo seguono.
1- “Io dono loro la vita eterna”. Non è vita biologica “bios”, perché questa ad un certo punto finisce. Gesù promette la “Zoé Aionion” non è un prolungamento della biologia, una vita che non finisce ma la “vita dell’eterno”. Allora non è un premio che riceveremo nel futuro, cioè alla fine della vita biologica perché questa sia allungata per l’eterno, ma la vita dell’eterno che è già dentro di noi fin da ora e si sviluppa in noi man mano che noi aderiamo alle sue promesse. Quando la vita biologica finisce, l’altra esplode ed entra nella pienezza della sua condizione. Per i pagani gli dèi erano gelosi e si tenevano la vita per se stessi non la volevano condividere con l’uomo. Ci sono vari miti greci di uomini che hanno tentato di rubare questa immortalità e sono stati puniti. Il Dio biblico invece ci ha creati proprio per donarci la sua vita, per condividerla con noi. Dostoyeski diceva: “Se esiste un Dio allora io sono immortale”.
2 – “Non potranno in alcun modo perire nei secoli”. Non lascia perire vuol dire che nessun briciolo di amore andrà perduto. Noi vediamo una vita che passa (Bios) e non riusciamo a trattenerla allora cerchiamo di goderla il più possibile; Gesù dice se tu vuoi godere, devi buttare tutto cioè farla passare alla vera vita (Zoé) e questo si fa donandola nell’amore. Non è da trattenere perché nonostante i nostri sforzi la perderemmo, ma se la mettiamo nella vita nuova non perirà nulla.
3 – “Nessuno rapirà i miei agnelli dalla mia mano”. Ci sono dei pericoli, prima aveva parlato di ladri briganti e lupi. La promessa di Gesù è che se noi ascoltiamo la sua voce non saremo rapiti da questi lupi. Ci possono essere tutte le nostre debolezze umane, i nostri errori e cadute ma esse non ci rapiranno dalla presenza di Dio.
Poi Gesù continua dicendo: “il Padre è più grande di tutto e nessuno può rapire dalla sua mano”.
Il Padre ha nelle sue mani questo disegno di salvezza e finché siamo nelle sue mani niente ci può rapire perché lui non perderà mai d’occhio chi è nelle sue mani.
“Io e il Padre siamo uno”. C’è piena e perfetta comunione di intenti, piena sintonia tra loro.
Siamo avvolti da un grande amore.

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