Saper leggere i tempi


Siate vigilanti perché quando viene il giorno lo riconosciate. 
Lc 21: 25-28; 35-36

La liturgia oggi ci ripresenta lo stesso vangelo di due domeniche fa, cioè un richiamo alla fine del mondo, o meglio alla venuta di Gesù. Per quanto riguarda una spiegazione del linguaggio utilizzato, ossia quello apocalittico, vi rimando alla predica di quel giorno. Qui voglio aggiungere solo una breve riflessione che ci aiuti ad inserirci nel periodo che iniziamo oggi: l’avvento. Si potrebbe giustamente dire, ci avviciniamo al natale, festa di gioia e di luce e la liturgia ci presenta brani di vangelo dai toni così cupi e tristi, perché? D’altronde Gesù aveva promesso un mondo di pace e giustizia e a distanza di duemila anni possiamo constatare che di pace nel mondo ce n’è stata ben poco, e di giustizia ancora di meno. Allora come spiegare questa pagina del vangelo, specialmente alla luce dei fatti di violenza e distruzione dell'oggi?
Non possiamo negare che ci sia tanto male attorno a noi, che fare?
Di fronte al male si può reagire in due modi.
Il primo modo è di lasciarsi guidare dalla paura. Teniamo presente, però, che la paura è anche l'origine della maggior parte dei nostri mali. Ho paura che mi uccidi e allora ti uccido, ho paura che tu mi rubi posto, ricchezza, tempo, allora ti taglio dalla mia vita. Ogni violenza ha sempre una radice nella paura. Alcoolismo, droghe, fanatismo sono tutti basati su un vuoto interiore che crea paura ed allora si reagisce con violenza e più la paura cresce più la violenza cresce.
Un secondo modo per rispondere al male è di vivere con la prospettiva del Vangelo, cioè con la testimonianza.
La testimonianza è prima di tutto lotta contro la mediocrità della vita, del semplice accodarsi alla massa delegando ad essa le scelte da prendere o le azioni da fare, e del limitarsi a commentare le cose su Facebook. La testimonianza è iniettare nella nostra vita lo spirito di amore che ci rende attivi, attenti agli altri, che vince la paura dell'altro perché quando amo, io nell'altro vedo un'opportunità di bene, un fratello o una sorella. L'altro può forse distruggere il mio corpo con una bastonata o un colpo di pistola, ma non può distruggere la mia anima, la mia fede; non può distruggere il bene, il mondo. Alla fine sarà lui il distrutto dal suo stesso odio, o magari, il conquistato dal nostro amore.
Il messaggio di Luca (e quello di tutti gli altri evangelisti quando parlano in modo apocalittico), non è stato scritto per parlare di futuro in modo generico. Come ho già detto due domeniche fa, a Luca, come agli altri, stava a cuore la gente che li ascoltava e che in quel momento stava vivendo l'invasione dell'esercito romano guidato da Tito, ed eventualmente la distruzione del tempio di Gerusalemme. Per molti quella era la fine del mondo: “Se Dio non abita più in mezzo a noi, chi ci potrà salvare?” (ecco il perché del linguaggio usato). Ma per gli evangelisti questa era solo “la fine di un mondo”, quel mondo che non aveva più senso di esistere perché aveva conosciuto Cristo ma lo aveva rifiutato. Era la fine di un mondo ma era anche l'inizio di un mondo nuovo fondato sulla testimonianza del Vangelo e che, a poco a poco, stava conquistando tutto l'Impero. A segnare il passaggio tra i due mondi è stata proprio la violenza di coloro che si intestardivano a rifiutare il nuovo messaggio.
Guarda caso oggi ci troviamo in una realtà molto simile a quella dei tempi del Vangelo. Siamo in un mondo che ha conosciuto Cristo e almeno di nome si professa suo seguace, ricordiamoci che anche i Mussulmani considerano Gesù come il più grande profeta, ma è un mondo che si accanisce con violenza per reprimere i valori portati da Gesù. Non parlo solo del terrorismo islamico, ma anche di tutte quelle politiche che legiferano contro la vita, contro la famiglia, contro i deboli; parlo della corruzione, dello sfruttamento basati sull'interesse personale di pochi; parlo dell'inquinamento e dello sfruttamento irrazionale della natura che sta alla base di tante catastrofi naturali. Queste armi di violenza non distruggeranno il mondo ma si rivolteranno contro coloro che le usano, e lo stanno già facendo.
E noi? A noi tocca fare quello che hanno fatto i Cristiani dell'epoca di Luca e di Marco: testimoniare a parole e in opere l'amore, perché attraverso la nostra vita il mondo possa vedere Cristo che viene con potenza, la potenza della sua redenzione.
Natale si avvicina. Chissà se sarà un Natale di pace o di guerra. Lì fuori, non lo so; non dipende da noi. Ma qui dentro, nel nostro cuore, nelle nostre famiglie dipende solo da noi. Dobbiamo prepararci.
Quali sono le nostre priorità per la festa? Il mangiare e bere? I regali? Gli addobbi?
È festa e bisogna senza dubbio celebrare, ma il modo migliore per prepararsi è quello suggeritoci dal vangelo: “state attenti a voi stessi che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita. … Vegliate in ogni momento pregando”.
“Allora vedranno il Figlio dell’uomo apparire sulle nubi ...”. Con queste parole Luca vuol dirci che Cristo si presenta a noi in apparenze umane: siamo in grado di riconoscerlo? Tutto quello che ha predicato a parole duemila anni fa, continua a insegnarcelo attraverso gli avvenimenti della vita: siamo in grado di sentire la sua voce? Sicuramente Gesù oggi ci dirà una parola di salvezza, avremo fede abbastanza per riflettere e lasciare che quella parola cambi il nostro modo di vivere?
Papa Francesco continua a ripetere: “Non lasciatevi rubare la speranza”. Don Orione invece diceva: “L'ultimo a vincere è sempre Cristo e Cristo vince nella carità”.

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