Chi si salva prima: Chi non sbaglia o chi chiede scusa?
Il Fariseo e il
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Questo è per me uno dei passi evangelici più difficili da spiegare, non
per una difficoltà di testo o di significato, ma perché è fin troppo chiaro e
al tempo stesso ci chiama in campo direttamente e ci fa sentire, con vergogna,
quanto siamo lontani dallo spirito che Gesù ci ha lasciato.
La storia è molto semplice: due persone si recano nello stesso luogo a
pregare. Uno è un Fariseo, una persona per bene, osservante di tutte le leggi,
fedele a tutte le preghiere richieste dalla sua religione, l’altro è un
peccatore pubblico. Dall’introduzione ci
si aspetterebbe un giudizio chiaro, ovvio al favore del primo, e invece il
commento di Gesù ribalta esattamente le nostre attese: il buon Fariseo è
condannato e il cattivo peccatore è perdonato. Qual è il problema?
Nel pregare entrambi dicono la verità: Il Fariseo si rende conto di
essere una persona retta, non esagera le sue doti e ne rende grazie a Dio, il
peccatore si rende conto dei suoi sbagli e chiede perdono. Quindi la questione in ballo non è il dire la
verità o no. A Gesù non sembra interessare nemmeno il tipo di vita che i due conducono
o i peccati che fanno, dal momento che il giustificato è proprio il peccatore.
La frase finale ci fa capire che il cuore di tutto è l’arroganza del
primo, paragonata all’umiltà del secondo. Senza dubbi il Fariseo ha ricevuto da
Dio tanti doni e questi dovrebbero renderlo più aperto agli altri,
servizievole, disponibile, invece lui li utilizza come scusa per separarsi
dagli altri, mettersi al di sopra di loro, disprezzarli: io sono bravo, tu no.
Questo è un atteggiamento che va direttamente contro l’amore e quindi contro
tutto l’insegnamento di Gesù. Le parole di Gesù ci sembrano dire che questo
atteggiamento chiuso all’amore è più grave di tutti i peccati e a nulla servono
le sue preghiere e la sua fedeltà alle leggi.
Chi vive di orgoglio o superbia pecca contro Dio perché non ne
riconosce né il primato né i doni, gli chiude la porta, si fa, in qualche modo
simile a lui. Pecca contro i fratelli perché li disprezza, li tratta come
esseri inferiori e quindi non dà spazio alla misericordia e non offre loro
spazio e aiuto per crescere, infine pecca anche contro se stesso perché
separandosi dagli altri si preclude tutte le possibilità di crescere e tutti i
doni dati da Dio diventano inutili e dannosi. L’umiltà, invece, apre tutte le
porte. L’umile sa di aver bisogno di Dio e degli altri e non ha timore ad
entrare in relazione con essi, a chiedere il loro aiuto, ad instaurare un
rapporto di amore.
Ogni volta che leggo questo passo evangelico, mi viene paura e penso a
tutte le mie preghiere e osservanze e mi chiedo se mi stanno aiutando a
diventare migliore o mi rendono peggiore, mi chiedo se dopo tante prediche che
faccio so amare di più o di meno.
Cari fratelli, quando preghiamo, prima ancora di chiedere le grazie di
cui abbiamo bisogno, chiediamo la grazia dell’umiltà e di saper accettare
quello che Lui ha preparato per noi per rimanere strumenti nelle sue mani.