La trasfigurazione: a chi serve?


La Trasfigurazione di Gesù: un altro miracolo inutile? No! Il centro del messaggio Cristiano. (Lc 9:28-36)

Nelle ultime settimane la liturgia ci ha abituati a vedere momenti o miracoli strani della vita di Gesù, momenti di rifiuto, sconfitta umiltà. Si mette in coda coi peccatori per essere battezzato, va nel deserto per essere tentato, va al suo paese e si rifiuta di fare miracoli e lo cacciano, va all'estero, guarisce un indemoniato causando la morte di una mandria di porci e così anche da lì viene cacciato.
Anche quello di oggi potrebbe sembrare un miracolo strano o per lo meno inutile: perché trasfigurarsi, a chi serve, e per di più davanti solo a tre degli apostoli.
Eppure qui siamo arrivati al culmine del vangelo di Luca, al punto centrale dove avviene un cambio di marcia radicale. Fin qui la fama di Cristo è andata crescendo, le folle lo seguono, ci sono miracoli eclatanti. Manda i suoi discepoli a predicare ed essi ritornano pieni di entusiasmo. Subito prima della trasfigurazione c'è la moltiplicazione dei pani. Al tempo stesso Gesù ha cominciato a dire ai suoi discepoli che non solo, lui è destinato ad essere rigettato e morire, ma che anche i suoi discepoli, se vogliono avere successo nella vita, devono essere disposti a fare la stessa fine. Questo detto da uno che è al top della popolarità e dell'efficienza apostolica sembra una contraddizione. Ma Gesù capisce che è giunto il momento di dare la svolta alla situazione altrimenti rischia di perdere i discepoli, quelli su cui ora deve concentrarsi. Da qui in poi ci saranno ancora miracoli e insegnamenti ma al centro sarà la preparazione degli apostoli all'avvenimento centrale, la sua morte a Gerusalemme. Lo ripete chiaramente a loro e poi con loro si mette decisamente in viaggio verso Gerusalemme. Dal versetto 9:51 in poi tutto è concentrato sul viaggio verso la morte.
È dura per chi si è abituato a vedere un Gesù forte, riuscire a capire che la vera forza è nell'umiltà, nel servizio, nella morte. Allora subito prima di dare il secondo annuncio della sua morte e di mettersi in viaggio con loro fa questo miracolo. Lo scopo della trasfigurazione, quindi, è principalmente quello di farci capire cosa Gesù deve fare e capire che è volontà di Dio.
Salgono sul monte, come Mosè che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la legge, come Elia che era salito sul monte e lì aveva ricevuto la parola di Dio e l'ultima investitura, e lì sul monte ci sono proprio loro, Mosè ed Elia a parlare con Lui e a dirgli della necessità di scendere a Gerusalemme. E lì interviene anche il Padre a confermare l'investitura a Gesù: “Questi è il mio figlio prediletto: ascoltatelo”. Non ci possono essere più dubbi ora per gli apostoli: Gesù è veramente il Messia, ma lo è quando muore, non quando fa i miracoli.
Il tutto avviene in un atmosfera di preghiera, eh sì, perché senza la preghiera non è possibile capire ed accettare il piano di Dio. Non siamo di fronte a calcoli umani e la posta in gioco non è umana. E' solo nella preghiera che si scopre la verità della nostra vocazione e la forza di intraprendere il cammino. La preghiera trasfigura il nostro volto perché ci rende partecipi della gloria di Dio stesso. La difficoltà dell'accettare una cosa così grande la si vede anche nella stanchezza dei tre discepoli che fanno fatica a rimanere svegli. Guarda caso proprio gli stessi tre discepoli accompagneranno Gesù nell'orto degli ulivi e anche là mentre Gesù riceve l'investitura finale loro saranno vinti dal sonno.
La debolezza umana è grande e spesso si sente schiacciata dall'enorme portata del messaggio di Cristo, dall'impegno di essere cristiani coerenti. Spesso ci sentiamo senza forze, incapaci di reagire. Bisogna pronunciare la nostra frase di abbandono nelle sue mani: Signore è bello per noi stare qui con te, faremo tre tende perché tu Mosè ed Elia rimaniate con noi. Mosè ed Elia, la legge e i profeti. Il nostro essere cristiani oggi passa attraverso due canali, il primo è quello istituzionale, fatto di Chiesa, sacramenti, catechismo, leggi e tradizioni, proprio come Mosè; la seconda è fatta dall'esempio di persone sante, magari un po' strane ma attraenti che ci dimostrano la forza di Dio attraverso la loro vita. Pensiamo a Madre Teresa, a Padre Pio, al nostro Don Orione e anche a Papa Francesco. La loro vita il loro parlare ci ricordano Elia, Dio che agisce nella storia. Ebbene, entrambi devono essere presenti e vivi nella nostra vita. Sarebbe uno sbaglio legarsi solo alla pratica dei sacramenti che non si trasformi in vita o rigettare l'istituzione, i sacramenti in nome della vita pratica. Ma entrambe queste dimensioni, pur necessarie, assumono valore solo se indirizzate a Cristo. Al centro c'è Gesù e fede ed opere devono essere il modo in cui Lui si rivela. Se Lui non è presente e non è vivente, la nostra pratica sacramentale diventa morta, diventa contraddizione. Ma anche il nostro agire, il nostro lavorare per i poveri diventa pura filantropia che presto si svuota e ci svuota. Solo Cristo può dare senso a tutto questo, solo Lui è il Figlio prediletto del Padre, Lui uomo che accetta di servire e di morire, Lui Dio che ci salva. Pietro Giacomo e Giovanni ci metteranno ancora del tempo prima di arrivare a capire bene la conseguenza di tutto ciò, comunque ci arriveranno. A noi ora percorrere la strada di questi apostoli ed entrare in questa ottica che ha sullo sfondo la passione morte e resurrezione.
Diciamo a Gesù: “Signore è bello per noi stare qui con te”. E lui ci risponderà: “Bene, allora scendi con me dal monte e rimettiamoci in cammino nelle strade del mondo, ma senza perdere di vista la meta”.

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