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Gesù e il serpente, che parallelo?

  Perché Dio dice a Mosè di innalzare il serpente? (Nm 21:4-9;   Gv 3:13-17) L'episodio del libro dei Numeri che abbiamo letto riflette la vita spirituale di molti di noi. Abbiamo scelto Dio, ci siamo impegnati e abbiamo avuto momenti in cui abbiamo apprezzato la sua grazia. Tuttavia, con il tempo subentra l'abitudine. Ripetiamo le stesse azioni, diventiamo esperti, ma perdiamo entusiasmo e il contatto spirituale. La preghiera e l'apostolato diventano una routine, un obbligo da soddisfare, dipendendo solo dai nostri sforzi. Quanto può durare questo prima che stanchezza, noia e difficoltà prendano il sopravvento? Quando arrivano le difficoltà, non riusciamo più a reagire; rabbia e disperazione prevalgono, e anche le grazie ricevute perdono di senso. Il popolo di Israele per anni era nutrito da Dio con la Manna, ora lo considera un cibo schifoso. Non bisogna interpretare letteralmente il passo che dice che Dio mandò serpenti come castigo. Dio non castiga nessuno. Il s...

Il coraggio di cambiare

 Nicodemo e il volto vero di Dio    ( Gv 3,13-17 ) Oggi il Vangelo ci presenta un incontro notturno, silenzioso, ma pieno di luce: quello tra Gesù e Nicodemo. Un uomo rispettato, colto, religioso… ma inquieto. Nicodemo non si accontenta delle risposte già pronte. Sente che nella sua vita manca qualcosa. E allora va da Gesù. Di notte, forse per paura, forse per discrezione. Ma ci va. E questo è già un atto di coraggio. Nicodemo ci rappresenta tutti. Quanti di noi, pur credenti, sentono che la fede non è ancora diventata vita? Quanti di noi portano domande nel cuore, ma non sanno a chi rivolgerle? Quanti di noi vorrebbero cambiare, ma non sanno da dove cominciare? Gesù non lo accoglie con risposte facili. Gli propone qualcosa di radicale: “Bisogna rinascere dall’alto.” Non si tratta di tornare bambini, ma di iniziare a vivere con uno sguardo nuovo. Ragionare come si ragiona in cielo. Cosa vuol dire? Vuol dire mettere Dio al centro. Vuol dire lasciarsi guidare dal...

A chi diamo la preferenza?

  Parole che provocano Il Vangelo di oggi (Lc 14,25-33) ci mette davanti a due affermazioni che, a prima vista, sembrano dure e quasi incomprensibili: “ Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre…” e “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. ” L’originale greco usa la parola odiare; la versione moderna italiana ha giustamente tradotto “ Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo ”. La seconda frase è rimasta com’era. Sono comunque parole che ci turbano, parole che ci interrogano. Ma anche parole che ci invitano a guardare più a fondo. Cosa Gesù vuole insegnarci? Queste espressioni nascono in un contesto storico e linguistico molto diverso dal nostro. La lingua aramaica, con un vocabolario limitato, usava spesso contrasti forti per esprimere priorità. “Odiare” non significa disprezzare, ma “preferire meno...

Popolarità o umiltà?

L’umiltà che libera      XXII Domenica C . (Lc. 14,1.7-14) Al centro del Vangelo di oggi troviamo una delle pulsioni più profonde e universali del cuore umano: il desiderio di essere riconosciuti, apprezzati, valorizzati. È un bisogno che nasce dalla nostra stessa natura relazionale, dal fatto che siamo stati creati per vivere in comunione, per essere specchio e sostegno gli uni degli altri. Non c’è nulla di sbagliato in questo desiderio. Anzi, è spesso il motore di tante nostre azioni buone. Alle volte cerchiamo di amare, di servire, di costruire, perché speriamo che qualcuno ci veda, ci riconosca, ci dica: “Tu sei importante”. Da questo potrebbe nascere un problema, quando questo riconoscimento non arriva. Quando ci sentiamo ignorati, messi da parte, invisibili. Allora qualcosa dentro di noi si incrina. Ci domandiamo: Se nessuno mi apprezza, che valore ha la mia vita? E inizia a farsi strada una paura sottile ma potente: la paura della solitudine, dell’abbando...

Ce la faremo a salvarci?

  Ce la faremo a salvarci? (  Luca 13,22-30) Quante volte ci siamo chiesti: “Ma io mi salverò?” È una domanda che nasce dal desiderio più profondo del cuore umano: vivere per sempre con Dio. Già ai tempi di Gesù questa era una preoccupazione comune. Alcuni pensavano che bastasse appartenere al popolo eletto; altri che fosse sufficiente osservare la legge. Oggi, molti cristiani ragionano ancora così: “Sono cristiano, quindi mi salvo; chi appartiene ad altre religioni, no” . Oppure: “Io vado a Messa, altri no, e questo farà la differenza” . Ma Gesù ci sorprende: non guarda alle etichette, ma al cuore. Gesù afferma che la porta per entrare nel Regno è stretta. Non è una porta materiale, ma uno stile di vita. È stretta perché richiede impegno, sacrificio, amore concreto. Non si entra “in carrozza”, come dicevano i nostri nonni, ma camminando con fatica, portando i pesi degli altri, soccorrendo chi è nel bisogno. Per attraversarla bisogna farsi piccoli, umili, semplici come...

Il fuoco dell'amore

Quanto brucia il fuoco dell’amore ( Luca 12,49-53) “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!” Queste parole di Gesù ci inquietano e ci provocano. Il fuoco non è mai neutro: brucia, consuma, trasforma. Fa paura, ma è anche fonte di vita. Senza fuoco, non c’è calore, non c’è luce, non c’è cibo. Il fuoco è ambivalente: può distruggere, ma anche purificare. Il fuoco è anche qualcosa che raduna e rinnova . Ricordiamo i falò delle notti d’estate quando andavamo in campeggio con l’oratorio, attorno ai quali ci si raccontava storie e si cantava. O il camino delle case di una volta, dove la famiglia si stringeva per condividere il calore. Il fuoco crea comunione, ma solo se lo si sa custodire. Se lasciato libero, diventa devastante. Gesù parla di un fuoco che desidera ardentemente accendere: non è un fuoco materiale, ma spirituale. È il fuoco del suo amore, un amore che brucia l’indifferenza, consuma l’egoismo, purifica il peccato. È un fuoco c...