Un cammino a ritroso per ritrovare Gesù.
L’Ascensione del Signore. (Mt. 28,16-20)
Di solito in un libro, alla fine c’è la conclusione della storia. Nel vangelo l’ultimo capitolo non parla della fine ma dell’inizio della storia, come se tutto il resto fosse stato solo una preparazione. Gesù, inviando gli Apostoli, dà inizio alla storia della Chiesa, mentre Lui apre in maniera definitiva la porta del cielo perché tutti possano partecipare alla storia eterna.
Questo capitolo del Vangelo di Matteo era iniziato con la notizia della Risurrezione di Gesù. Per Matteo, a differenza degli altri evangelisti, Gesù non incontra i discepoli il giorno di Pasqua a Gerusalemme ma invia loro un messaggio attraverso le donne, perché vadano in Galilea dove lo incontreranno sul monte da lui indicato. Perché in Galilea? Perché sul monte? Quale monte?
Sappiamo che Matteo è sempre attento alla mentalità e alla cultura Ebraica, e nel suo vangelo ci tiene a mostrare come questa cultura sia stata reinterpretata, rinnovata e, a volte, addirittura rovesciata dalla predicazione di Gesù. La Galilea è il luogo dove i discepoli hanno vissuto tutta la loro vita, il luogo dove hanno viaggiato assieme a Gesù, dove hanno visto i miracoli, ma soprattutto hanno visto il suo stile di vita e ascoltato i suoi insegnamenti. Spesso loro questi insegnamenti non li hanno capiti perché era difficile, per loro, cambiare mentalità. Poi si sono messi in viaggio verso Gerusalemme, viaggio che speravano li portasse alla gloria, e invece, quando si sono accorti che sarebbe andata diversamente, Giuda tradisce e gli altri fuggono. Gesù vuole affidare la missione di cambiare il mondo proprio a questa comunità. Sono gente indubbiamente innamorata di Lui, ma anche molto debole, piena di dubbi e, per sanare la ferita che ora portano nel cuore, per arrivare ad accettare l’esperienza della sua risurrezione, hanno bisogno di liberarsi da tutte le paure, dai preconcetti che finora li hanno bloccati. Allora li invita a ripercorrere il cammino a ritroso, rivedere i luoghi e gli insegnamenti, alla luce della buona notizia della resurrezione, solo così saranno pronti ad accoglierlo in maniera definitiva.
Anche noi, come loro, dobbiamo contemplare Dio presente nel volto di Gesù, accettando lo stile di uomo riuscito che Lui ci ha presentato, altrimenti non riusciremo a riconoscere il risorto. Se vogliamo comprendere la risurrezione, dobbiamo partire dalla nostra storia personale, da come Gesù ci ha condotti fino a qui.
Non basta essere in Galilea, bisogna salire sul monte. Non si dice chiaramente quale monte perché non si tratta di un monte particolare ma del monte nel senso biblico, cioè del luogo dove si incontra Dio, dove è necessario alzarsi al di sopra della vita normale per vedere le cose dall’alto, con occhi puntati in Dio e non nel mondo. Di monti, nel Vangelo ce ne sono cinque, e tutti rappresentano delle conversioni che i discepoli devono fare.
Il primo è il monte delle beatitudini (Mt 5-7). Qui Gesù aveva chiesto di convertire il loro stile di vita, sia quella personale, che il rapporto con la religione. I discepoli devono smettere di pensare come il mondo, ritenendo fortunati i forti, i ricchi, i potenti, i violenti. La vera vita è per i deboli, i miti, gli operatori di pace, chi ricerca la giustizia di Dio. Inoltre non devono più pensare di poter guadagnarsi l’amicizia di Dio semplicemente obbedendo alle norme. L’unica norma è quella del pensare come Dio pensa, cioè amare.
Il secondo monte è quello della moltiplicazione dei pani (Mt 15, 29-39). Qui i discepoli devono cambiare l’immagine che hanno delle cose materiali. Le cose sono state create da Dio perché siano condivise tra tutti e non per soddisfare l’egoismo di pochi. Dio è colui che dà e colui che può risolvere i problemi, ma per farlo richiede che noi impariamo a donare ciò che abbiamo. Solo un dono disinteressato ci rende veramente felici, veramente uomini.
Il terzo monte è quello della Trasfigurazione (Mt 17). Qui i discepoli devono cambiare il modo di vedere Gesù. Mosè ed Elia fanno loro capire che Gesù veramente è il culmine della religione, il vero Messia, ma subito dopo Gesù comincia a parlare della necessità di andare a Gerusalemme, di essere consegnato nelle mani dei capi del popolo e di essere messo a morte. Gesù è venuto al mondo non per comandare ma per servire e dare la vita per tutti.
In tutte queste occasioni i discepoli non riescono a cogliere a fondo il messaggio di Gesù e si portano dietro le loro debolezze, così quando Gesù salirà sul quarto monte, quello più importante, il Calvario, Gesù sarà solo.
Ora devono tornare in Galilea, rivivere e rivedere tutte queste fasi della loro vita, ripensare a tutti gli insegnamenti di Gesù, riflettere sul loro non essere stati capaci di capirne il messaggio, affrontare tutte le loro limitazioni, i loro fallimenti, e tutto questo alla luce della sua passione, morte e resurrezione. Solo così sono pronti a salire sul quinto monte per re-incontrare Gesù e trovare il vero senso di tutto quello che hanno vissuto prima. Non è che prima si fa l’esperienza del risorto e poi si accettano i cambiamenti richiesti da Lui, no! Prima devi accettare Gesù e la sua proposta, solo allora riuscirai a vedere il risorto. Se non sali tutti i quattro monti, i tuoi occhi saranno sempre chiusi dai beni del mondo e non potrai mai vedere la gloria di chi questi beni te li ha donati.
Quando vedono Gesù, si buttano ai suoi piedi e lo adorano. Il loro non è il vedere materiale, ma il vedere al di là del verificabile, con la riflessione e la fede. Però subito dopo sono colti da dubbi. Come potevano dubitare se ce l’avevano davanti agli occhi? Non dubitano che tutto questo sia vero e non solo un sogno, se Dio esista o no, ma è il dubbio che accettando in modo radicale la missione di Gesù dovranno rinunciare alla loro comodità, alla loro libertà, alle loro idee. Vale veramente la pena di farlo? Sono disposti ad accettare tale sacrificio? Questa è anche la nostra situazione. Tutti sanno che Dio esiste, ma vale la pena lasciarsi coinvolgere da Lui? Non ci sono dubbi che quello che ci insegna è valido, ma vale la pena seguirlo? Perché devo rinunciare alle mie idee, alla mia carriera, alla mia ricchezza, al mio prestigio?
Gesù non si sofferma a rispondere a quest’ultima debolezza. Egli rilancia subito e dice: io adesso mi faccio da parte, ma tocca a voi prendere sulle spalle il compito di evangelizzare il mondo. Come si farà questo? Facendo fare a tutti gli uomini l’esperienza della Trinità.
Qui sta il messaggio centrale della festa di oggi: siamo inviati a battezzare, cioè aiutare tutti a fare un’esperienza forte della Trinità, immergersi (questo è il significato del verbo battezzare) nel mistero del Dio che è Padre, colui che ci ha creati , ci ha dato tutto quello che abbiamo e siamo, colui che ci invita a vivere nel suo amore. Immergersi nel Padre ci fa riconoscere che noi siamo fondamentalmente buoni e preziosi. Siamo chiamati ad immergerci nel mistero di Cristo che si è abbassato al nostro livello dandoci la sua vita per salvare la nostra. Immergerci in Cristo ci fa vedere che il nostro valore non sta nel successo umano ma nella nostra capacità di amare e dare la vita per gli altri. Infine siamo chiamati ad immergerci nel mistero dello Spirito Santo, colui che ci guida e ci fa conoscere la verità sulle cose. Immergerci in Lui che ci fa capire che tutta la forza, di cui abbiamo bisogno per vivere nel modo giusto e pieno il nostro essere cristiani, cioè figli di Dio e seguaci di Cristo, ce la dà Lui che mai ci abbandonerà.
Tanti hanno cercato di spiegare il mistero della Trinità, ma per comprendere tale mistero non è sufficiente leggere dei libri, delle spiegazioni, anche se scritti dai migliori teologi o predicatori, bisogna avere il coraggio di buttarsi a capo fitto nel vita di ciascuna delle tre Persone divine. Ma per riuscire a fare questo, dobbiamo innalzarci al di sopra del mondo, staccarci dal suo modo di pensare e riprendere le varie tappe della nostra vita, specialmente le più difficili e dolorose; dobbiamo riviverle e rivederle alla luce degli insegnamenti di Cristo, insegnamenti che ci dicono che di sicuro in quei momenti Dio ha seminato qualcosa di buono nella nostra vita.
Noi pensavamo che la festa dell’Ascensione volesse dire che Gesù saliva al cielo, spariva per non farsi più vedere, invece ci dice che Dio c’è, è con noi e sarà con noi fino alla fine del mondo, e se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?