La nostra paura e la pace di Cristo
Non abbiate timore: Io sono
la Via, la Verità e la Vita. (Gv 14,1-4. 5a domenica di Pasqua)
Nonostante che siamo nel periodo di Pasqua, la liturgia ci presenta un
brano del Vangelo preso dal discorso fatto da Gesù durante l’ultima Cena, cioè
al Giovedì Santo. Il fatto è che durante quel discorso Gesù ci dà il suo
testamento, e quella di oggi è una parte importante di esso.
Giuda è appena uscito, tutti lo ascoltano con attenzione e lui dice: Io sto
per lasciarvi. Loro avevano abbandonato tutto per seguire Cristo, ora si
trovano di fronte a questo annuncio che li lascia sgomenti. Se Lui se ne va,
che ne sarà di loro? E dei loro sogni? Hanno paura; per tre anni hanno
costruito speranze e certezze e pensavano di essere arrivati al punto cruciale
della realizzazione di tali piani, ora, invece, sembra che tutto debba
dissolversi. Si trovano di fronte al fallimento.
Eppure Gesù dice: “Non sia turbato il
vostro cuore”. Il verbo “turbato” indica l’agitazione delle onde del mare
in burrasca. Il loro cuore, in quel momento, stava provando qualcosa del
genere; d’altronde Gesù stesso, poco prima, dopo aver annunciato che uno di
loro lo avrebbe tradito, aveva riferito a se stesso il medesimo verbo: “Ora il mio cuore è turbato”, anche Lui
ha provato questa angoscia, ma poi si è ripreso sapendo che solo così poteva
realizzarsi il piano di Dio, per cui non si stupisce che i discepoli siano
agitati. Allora li chiama a sé per rianimarli.
Anche noi oggi siamo agitati da tanti timori e paure. Non è facile vivere
secondo quanto Gesù ci ha insegnato e che la nostra coscienza ci ricorda;
troppi, attorno a noi, ci spingono in direzioni opposte e ci sentiamo piccoli e
impotenti. Gesù è presente, lo sappiamo ma non lo vediamo, allora spesso
sperimentiamo di essere soli contro il mondo. Oltre alle ostilità del mondo ci
sono tutte le nostre fragilità e debolezze. Siamo in balia delle onde del mare
agitato.
Gesù li rincuora: “Continuate a
credere in Dio e nel vangelo”; affidatevi alla mia parola e le vostre ansie
si placheranno. Noi siamo concentrati sul momento presente e vorremmo vedere immediatamente
la realizzazione delle promesse di Cristo; vorremmo che le cose si risolvessero
a modo nostro e subito, ma Dio ha tempi diversi, soluzioni diverse; allora
siamo in ansia. Se lasciamo il compimento delle cose nelle mani del Signore,
allora la nostra ansia si placa.
Poi continua: “Nella casa del Padre
mio ci sono molte dimore”. Qui ci viene spontaneo pensare che Gesù si
riferisca al premio che riceveremo in Paradiso. Anche! ma qui Gesù sta parlando
di qualcosa d’altro. Nel Vangelo, in varie occasioni, Gesù aveva parlato del
Tempio chiamandolo “Casa del Padre mio”,
e poi aveva aggiunto: “Distruggete questo
tempio e io, in tre giorni, lo ricostruirò”. Noi siamo chiamati ad essere
pietre vive del tempio che è per eccellenza la casa del Padre, ed oggi il
tempio è la Chiesa di cui tutti siamo pietre vive, cioè componenti essenziali.
Noi siamo parti importanti nella costruzione della Chiesa, parti che sono valide
nella misura in cui sono “vive”, cioè attive. Questa è la casa a cui
apparteniamo e qui ci sono molte dimore perché ciascuno ha il suo posto da
riempire, il suo compito da compiere.
“E quando io sarò andato e vi avrò
preparato un posto di nuovo io verrò”. Il luogo dove lui è andato è sul Calvario, per donare la vita. è lì che ha costruito la Chiesa. Questo è il luogo dove ci attende, non
alla fine del mondo ma oggi stesso. La nostra vocazione nella Chiesa è donare
la vita come ha fatto Lui.
Noi spesso pensiamo che essere Cristiani voglia dire semplicemente
praticare quei precetti che ci sono stati insegnati da bambini: pregare, andare
a messa la domenica, confessarsi, eccetera. Qui non si parla di obbedire a
delle leggi, ma di andare a vivere con Lui, come Lui. Il nostro andare all’Eucarestia
non è obbedire a un comando ma è un dire di sì alla proposta sponsale che il
Signore ci fa.
Dobbiamo andare a vivere con Lui, ma qual è il cammino che ci conduce dove
lui si trova?
Dopo che Gesù ha detto “voi conoscete
la via”, Tommaso, persona intellettuale che vuole sempre avere le idee
chiare su ciò che deve fare e dove deve andare, dice “non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?” Con Gesù le
cose non funzionano così, Lui non è un tour operator che ci dà un itinerario;
per Lui l’importante non è la meta ma il cammino, la relazione personale.
Conoscere Lui è la strada per arrivare alla vita, allora risponde a tutti noi,
gemelli di Tommaso: “Io sono la via, la
verità e la vita”. Loro pensavano, come tutti, che la via a Dio fosse
l’osservanza dei 10 comandamenti, ora invece apprendono che la “via” è la
persona stessa di Gesù, tutte le altre strade, sono strade di morte. Tommaso
vede che la strada intrapresa da Gesù lo sta portando alla morte, al Calvario,
e ha paura, spera sia un errore, perché non ha ancora capito che il Calvario non
è la meta definitiva; non ha ancora vissuto l’esperienza della resurrezione. Anche
noi abbiamo paura a donare la nostra vita perché la riteniamo sempre come la
cosa definitiva, viviamo ancora molto nella filosofia del “Carpe Diem”:
approfitta dell’oggi perché con la morte finisce tutto; ma per Gesù la morte è solo
una tappa verso la vita vera quella a cui dobbiamo aspirare.
Dopo essersi definito “via” si definisce anche “verità”. Lui ci presenta la
“vera” immagine di uomo, il vero senso del nostro essere. Lui dona tutto per la
vita del fratello e ci dice che la vera vita sa nel “donare”. La società di oggi non
capisce il modo in cui Gesù si presenta come l’unico cammino verso la vita e allora
presenta paradigmi diversi, percorsi diversi per l’autorealizzazione, percorsi
che si rivelano poi falsi e pericolosi. Se cerchiamo la pienezza della luce su
Dio e sull’uomo, la troviamo solo in Gesù.
Ora interviene Filippo. Il suo nome greco ci fa pensare che forse è il
filosofo del gruppo. Lui ha capito che Gesù sta per tornare al Padre, allora chiede
di poter anche lui vedere il Padre. Voler vedere Dio è un bisogno insito in
ciascuno di noi. Noi siamo fatti per l’infinito, e abbiamo naturalmente dentro
di noi la tensione all’infinito; se non prendiamo coscienza del bisogno di Dio,
cercheremo di riempirci di altre soddisfazioni che non ci sazieranno mai e
saremo sempre tristi, incolpando altri per la nostra insoddisfazione.
Tommaso non conosceva la via e ce l’aveva davanti; Filippo vuol vedere il
Padre e non si era accorto che ne aveva l’immagine davanti. Gesù si è fatto
uomo proprio per mostrarci il volto di Dio, per togliere tutte le maschere che
le varie culture gli avevano imposto con le loro idee e ritualismi.
“Il Padre dimora in me e attraverso
di me compie le sue opere, per cui se
non credete a me credete almeno alle mie opere”. Naturalmente non si
riferisce ai miracoli. Tutto quello che Gesù ha fatto, lo ha fatto per mostrarci
il Padre, tutto quello che ha detto, lo ha detto per farci comprendere il
Padre. Allora dobbiamo pensare soprattutto al suo atteggiamento di
misericordia, di amore, di cura dell’altro, di servizio ai poveri, atteggiamenti
che poi l’hanno portato a fare i miracoli. Quindi non guardiamo tanto ai
miracoli che Gesù ha compiuto, ma al suo stile di vita, alla sua ricerca di
giustizia. Egli è colui che ha predicato l’uguaglianza di tutti, colui che
ricerca i peccatori per perdonarli e salvarli. Dio vede il bello che c’è dentro
di noi e lavora per quello.
“Chi crede in me compirà le mie
stesse opere e ne farà anche di più grandi”. La strada per avere il nostro
posto nella vita, per avere il nostro ministero, non è una teoria; non è legata
a una comprensione, né a una buona organizzazione; ma a una buona relazione con
Lui. Solo questo ci porterà ad essere “figli”. Stare con Lui vuol dire entrare
nella vita trinitaria. Chi entra in questo rapporto con Cristo compirà le
stesse opere e anche di più grandi, perché comincerà a mostrare tutta la
creatività di Dio. Pensiamo a quanti santi hanno fatto cose meravigliose; in
fondo Gesù è stato solo in Giudea e Galilea, alcuni santi Lo hanno portato sino
ai confini della terra. Quindi Dio non ha concluso il suo lavoro di amore con
la dipartita di Gesù, continua ancora ad agire e continuerà per tutta la storia,
perché il suo amore non può avere termine. Ecco perché noi dobbiamo sforzarci
di essere come Gesù, fare nostro il suo stile di vita, apprendere la sua
verità, seguirne la via. Solo allora possiamo essere strumenti docili del suo
amore.