Maria la donna del Magnificat
Maria
la donna del Magnificat.
Questa
pagina è stata interpretato in tanti modi perché molte delle
espressioni lì dentro si prestano ad essere usate in contesti molto
disparati. Per evitare errori cerchiamo di comprendere il testo
all'interno del suo contesto.
Maria
ha appena saputo dall'angelo che sta per diventare la madre del
Messia. Ha saputo poi che anche Elisabetta è incinta. Entrambe erano
destinate a rimanere senza figli: Maria per scelta, Elisabetta per
l'età e altri problemi fisici. Ora tutte e due portano in grembo il
frutto di un miracolo, allora sente la necessità di condividere
l'esperienza del miracolo. La comunicazione della fede, il
condividere con gli altri le nostre esperienze dell'amore di Dio ci
fa crescere e fa crescere anche chi ci ascolta.
L'evangelista
descrive la scena utilizzando delle immagini bibliche. L'attraversare
le colline della Giudea portando in grembo il Signore richiama il
secondo libro di Samuele quando parla dell'arca dell'alleanza,
contenente le tavole della legge, che viene portata attraverso le
colline di Giuda per essere intronizzata a Gerusalemme. Maria porta
qualcosa di più importante attraverso quelle colline. Le tavole
erano il simbolo dell'antica alleanza, Gesù è l'autore della nuova
alleanza, il nuovo Mosè, la nuova legge, ma anche il nuovo agnello
immolato che sigilla questa alleanza. Da qui nasce la litania che
chiama Maria “Arca della nuova Alleanza”. Maria intronizza suo
figlio nella casa dell'ultimo dei sacerdoti dell'Antico Testamento
per dare il via ufficiale alla missione del figlio di lui, ponte
verso il nuovo Testamento.
C'è
quell'avverbio: “di fretta”, senza perdere tempo. Non vuol dire
che Maria si sia messa a correre ma che non ha perso tempo in
esitazioni, è partita subito, non si è lasciata influenzare dai
“se” o dai “ma”. Avrà informato i suoi genitori riguardo
alla visita dell'angelo? Penso di sì perché se no le sarebbe stato
difficile spiegare come è venuta a sapere di Elisabetta e poi penso
che sia più che normale per una giovane condividere con sua madre
cose importanti che cambiano radicalmente la sua vita. Quindi gli
avrà anche detto della sua gravidanza. Ci vuole del coraggio anche
da parte dei genitori a lasciare che una giovane ragazza, alla sua
prima gravidanza si metta in un viaggio pericoloso e stia lontana di
casa per tre mesi. Maria deve essere stata molto ferma nella sua
decisione per riuscire a convincerli.
Maria
arriva alla casa di Zaccaria ed Elisabetta ci stupisce subito.
Nessuno le aveva detto della situazione di Maria e non lo si poteva
notare dall'esterno perché era troppo presto. Il vangelo dice che il
saluto di Maria, che di solito nel mondo giudaico era “pace a voi”,
provoca la venuta dello Spirito Santo su Elisabetta che è quindi
ispirata in quel che dice e provoca addirittura il salto di gioia del
figlio di lei nel grembo. Quando dopo Pasqua Gesù appare nel
cenacolo dirà: “pace a voi. Ricevete lo Spirito Santo”. Noi,
portatori della buona novella dobbiamo riconoscere lo Spirito che
agisce dentro di noi (di solito attraverso mozioni di gioia,
entusiasmo, quelle che St. Ignazio di Loyola, negli esercizi
spirituali, chiama consolazioni), e dobbiamo saperlo trasmettere,
provocare, anche negli altri, la sua azione attraverso il nostro
messaggio di pace. Ricordiamo che la parola “pace”, per il mondo
orientale non è mai un semplice augurio o desiderio, ma impegno al
benessere globale della persona verso cui si estende tale saluto.
Elisabetta
è ispirata non solo nel riconoscere la situazione di Maria ma anche
nel riconoscerne la causa. “Beata colei che ha creduto
nell'adempimento della parola del Signore”. Ecco ciò che ha reso
possibile il miracolo: la fede. La fede è credere che Dio è
all'opera, che Dio porterà a termine quest'opera e che vuole il mio
contributo. Quindi quella di Maria non è una fede solo
intellettuale, passiva, ma una fede attiva che si trasforma in
vocazione e impegno di vita. Abbiamo già detto varie volte che Maria
è la nuova Eva. Eva aveva creduto alla parola del diavolo ed ha
attratto la maledizione sull'umanità, Maria ha creduto alla parola
di Dio ed ha attratto la benedizione. Noi che parola seguiamo? La
parola del diavolo prometteva potere personale (diventerete …) la
parola di Dio promette un frutto per gli altri (darai alla luce …).
Maria
ascolta le parole di Elisabetta e capisce il pericolo che chi sente
faccia confusione: lei chiama Maria “Benedetta tu fra le Donne” e
poi la chiama “La madre del mio Signore”. Come tutte le persone
dell'Antico Testamento, Elisabetta, quando riconosce la presenza di
Dio, si sente indegna, timorosa. La confusione che potrebbe nascere
da queste parole è che lei consideri invece Maria come grande,
superiore, autrice di tutto. Maria ci tiene a mettere le cose in
chiaro e lo fa a modo di preghiera non di spiegazione teologica. La
teologia è per gli studiosi e i sapienti; Zaccaria potrebbe averlo
fatto, ma lei è piccola, illetterata, e gli illetterati sanno solo
pregare. È Dio che è grande, è lui che ha fatto tutto, come
sempre. Il sentirsi piccoli di fronte a Dio, non solo è giusto, ma è
anche doveroso; però dobbiamo ricordare che dall'Annunciazione in
poi la situazione è ribaltata, Dio si è fatto vicino a che si sente
piccolo e lo tira su, lo fa rinascere a una dignità tutta nuova.
Allora la presenza del Signore non provoca più timore ma gioia, come
quella di Giovanni che salta o Maria che esulta. La gioia interiore,
il desiderio di bene sono sempre segni della presenza di Dio e
ispirazioni a rispondere alla sua chiamata all'amore. Se la gioia è
sempre segno della presenza di Dio, la Lode diventa il segno della
nostra adesione a Lui. Non c'è vero amore senza lode. Ecco allora la
preghiera del Magnificat che è proprio un canto di lode, una
preghiera che nasce dalla gioia grande, incontenibile, perché colui
che è il Salvatore ha guardato a lei che è piccola e umile e le ha
cambiato totalmente lo stato.
Il Magnificat comincia con le parole “L'anima mia magnifica il
Signore ...” Il dare gloria a Dio, il lavorare per la sua gloria ci
apre al mondo. Quando noi lavoriamo per noi stessi o per la nostra
gloria, prima o poi subentrano paura, scoraggiamento. I discepoli che
anche dopo aver sentito che Gesù è risorto, si chiudono in casa per
paura dei Farisei. Maria invece va in giro a proclamare.
Elisabetta ha fatto bene a lodarla, ma non per qualche merito suo ma
per la fortuna di essere stata scelta come ricettacolo della grazia
di Dio. Perché il Signore ha
guardato all'umiltà. Cos'è
l'umiltà?Umiltà, bassezza,
ci si mette a livello dell'humus, la terra che sta sotto i piedi, ma
che è anche la terra che Dio ha utilizzato per creare l'Homo,
dall'humus, la cosa più bassa, l'homo, il principe e custode
di tutta la creazione. Questo è il miracolo che Dio fa in noi se
glielo permettiamo, se ci presentiamo come “servi”
cioè chi
si butta a terra per fare la volontà del Padrone. Quindi
umiltà non è il nascondere le cose ma il riconoscere che
esse non sono merito mio, ma dono gratuito di Dio.
Pensiamo
un attimo al nostro atteggiamento che spesso funziona in maniera
opposta. Noi nascondiamo le doti che abbiamo per paura che ci venga
chiesto troppo, per paura della responsabilità, per paura di
sbagliare, e ci illudiamo che tutto questo sia umiltà. Se poi
riusciamo a fare qualche cosa di buono allora ricerchiamo subito la
lode, l'apprezzamento degli altri.
Maria accetta la sua missione con umiltà e non ha paura perché sa
che il Signore “Ha spiegato la potenza del suo braccio”: qui non
siamo più come nell'Antico Testamento dove sbaragliava i nemici, li
faceva perire nel Mar Rosso, ecc. ora nella nuova Alleanza il suo è
un braccio teso al peccatore perché lui dice: “Amate i vostri
nemici”.
Elisabetta
aveva detto “Beata” e Maria ripete questa stessa parola
ampliandone però la portata: “tutte le generazioni mi chiameranno
beata”. Tutte le generazioni e non solo Elisabetta perché il piano
del Signore non è mai un piano privato. Ricordiamoci che chi scrive
questo vangelo è Luca e questa stessa parola è usata da lui anche
per le beatitudini, al capitolo 6. Voi sapete bene che Matteo al
capitolo 5 ha 8+1 beatitudini che hanno un taglio un po' più
generico e spirituale: “beati i poveri in spirito”, mentre
invece Luca al capitolo 6 ha soltanto 3+1 beatitudini seguite da 3+1
guai che ne sono l'esatto opposto.
In
Luca esse sono sempre riferite a situazioni molto concrete: “
Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati
voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora
avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete,
perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando
vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro
nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in
quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è
grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con
i profeti”.
Inoltre
abbiamo altre frasi: 7:20 “Beato chi non si scandalizzerà di me”.
10:23 “Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete”. 11:27
“Beato il seno che ti ha allattato … e Gesù rispose: Beato
piuttosto chi ascolta la parola del Padre mio e la mette in pratica”.
12:37 e 45 “Beati quei servi che il padrone, quando tornerà,
troverà svegli”. Cosa rende una persona beata? La povertà? La
fame? No! È la presenza di Dio, il riconoscerla e accettarla;
ascoltarne la parola, infine il fatto che Dio interverrà
direttamente a favore dei poveri per aiutarli, per cambiare la loro
situazione, mentre i ricchi, credendosi autosufficienti e fortunati
rifiutano l'intervento di Dio. Ecco il Magnificat: “Ha
rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato
di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Vedete
il parallelo? Attenzione a
non prendere queste parole solo materialmente perché se no si cade
nell'errore di chi critica Dio per quelle situazioni che invece
sembrano non cambiare: un innocente che soffre, un bambino che muore,
la fame, la guerra,
eccetera. Dio può dare la soluzione materiale e a volte lo fa, ma
non è quella la più importante e la più
significativa nella
beatitudine altrimenti si tradisce la fede e perde valore l'ultima
beatitudine “Beati quando vi insulteranno ecc.” e soprattutto
perde di significato
la croce di Cristo. Se come abbiamo detto il vero significato sta
nel riconoscere la presenza di Dio nelle situazioni di sofferenza
allora la beatitudine ci dice che in quel momento diventiamo compagni
di Cristo sulla croce, come avevamo accennato il mese scorso.
L'espressione
del Magnificat è forse più profonda di
quella delle beatitudini perché riporta la ragione di questo
intervento divino. Dice: “ricordandosi della sua
misericordia”. Dio è ricco in
misericordia. Sapete che la parola “misericordia”, nella bibbia
fa riferimento al grembo della madre (Rahma). Tutto è nelle mani di
Dio e, le sue, sono le mani della “madre” che si prende cura di
quel figlio che è appena uscito dal suo grembo. Egli, da una parte,
ha già una vita sua ed ha diritto alla sua indipendenza, ma,
dall'altra, ha ancora bisogno di tutto. La protezione di Dio non è
una protezione imposta con superbia, superiorità, ma con amore che
si fa servitù, umiltà, rispetto.
Maria, serva fedele di Dio, come lui ama tutti i suoi figli e se deve
fare delle scelte, sceglie coloro che hanno più di bisogno
mettendoci tutto il suo fervore di Madre.
Chissà
se Maria
avrà ripensato a queste cose mentre si trovava ai piedi della croce.
Lei capisce che il Padre non può intervenire a salvare la vita del
Figlio perché questi ha
scelto liberamente di morire come servo che dà la vita per i suoi
padroni, quei “padroni” che invece lo stanno tradendo. Chi
è veramente nel bisogno non è Gesù, che sta compiendo la “volontà
del Padre”, ma coloro che lo crocifiggono perché fanno ancora
resistenza alla misericordia e al perdono.
Questa è la misericordia di Dio Padre/Madre verso coloro che lo
temono. Coloro che lo temono, non coloro che hanno paura. Come
abbiamo già spiegato, chi vive con il Signore non può avere paura,
ma sa che Dio è così grande, l'essere con lui è così bello che
c'è la paura di perderlo, di poter restare senza di lui.
Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore. Abbiamo detto che
“homo” viene da “humus” e che Dio ci ha
innalzati, ma come se non bastasse l'uomo cerca sempre di innalzare
se stesso “super”, al di sopra di tutto, degli altri, di Dio,
cioè cerca stupidamente a modo suo quello che Dio gli ha già dato,
e non lo trova. Al giorno d'oggi tutto è “più”: la macchina più
nuova, più veloce, più bella, più … più … più e c'è
confusione, non ci sono più certezze, non si sa più dove
orientarsi. Il Magnificat ripristina l'ordine originale, permette a
Dio di rimettere a posto le cose. L'uomo torna ad essere grande
perché è uomo non per le cose che ha o si è fatto. È importante
perché Dio lo fa importante non perché è migliore di altri. È
forte perché Dio gli da forza con amore e misericordia, non perché
combatte. È sazio perché il suo cibo è fare la volontà di Dio,
non perché ha tanto pane.
Una cosa interessante. Il canto di Maria non è al futuro, una
promessa, ma una realtà. I verbi sono tutti al passato il che non
vuol dire che tutto è finito ma che è già ottenuto pienamente ed è
ancora pienamente presente come realtà.
Come vivere questo mese seguendo l'insegnamento di Maria?
Dobbiamo vivere una vita alacre, gioiosa mettendosi in contatto con
gli altri con umiltà per condividere con loro la nostra esperienza
di Dio, il nostro essere stati scelti da lui, l'essere il ricettacolo
e lo strumento delle sue meraviglie, “perché Santo è il suo
nome”.