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Visualizzazione dei post da 2025

Tra memoria e Speranza

  Tra memoria e Speranza Durante questo weekend celebriamo prima la festa di Tutti i Santi e poi ricordiamo i nostri cari defunti. Entrambe le occasioni ci invitano a riflettere sulla vita, sulla morte e sull’eternità. È normale provare tristezza nel ricordare coloro che ci hanno lasciato. Ma oggi vogliamo andare oltre il lutto per la loro assenza: desideriamo celebrare la loro vita e l’eredità che ci hanno lasciato. È importante trasformare la commemorazione dei defunti da momento di tristezza in opportunità per celebrare la vita e trarre ispirazione dal loro esempio. Questo approccio può aiutarci a superare il dolore e trovare la forza per andare avanti. Cosa possiamo imparare dai nostri cari defunti? Ci sono tre aspetti che dovrebbero ispirarci: Sono, prima di tutto, un esempio da seguire : Ognuno di noi può trovare nei propri cari defunti un modello a cui ispirarsi. Ci hanno insegnato tanto. Forse non erano perfetti, ma certamente hanno dato il meglio di sé. I...

Missionari di Speranza con il Cuore Umile

 Missionari di Speranza con il Cuore Umile  ( Lc 18,9-14 ) Domenica scorsa era la giornata missionaria mondiale. Mi è sfuggita. Pensavo fosse oggi. Comunque siamo alla conclusione del mese di Ottobre, il mese delle missioni, quindi permettetemi di recuperare oggi. Iniziamo comunque dal Vangelo. il Vangelo di oggi ci porta dentro una scena semplice, ma che ci tocca profondamente: due uomini salgono al Tempio per pregare. Uno è fariseo, l’altro pubblicano. Entrambi parlano con Dio. Ma solo uno torna a casa “giustificato”. Che cosa significa essere giustificati? Significa che solo uno ha fatto una preghiera vera, accolta, trasformante. E non è quello che ci saremmo aspettati. Il fariseo è una persona perbene. Fa tutto giusto. Prega, digiuna, paga le tasse. Ma nella sua preghiera non c’è richiesta, non c’è relazione. C’è solo autocompiacimento. È come se dicesse: “Dio, guarda quanto sono bravo. Non ho bisogno di nulla.” Il pubblicano, invece, è un peccatore. Forse anche...

Bisogna pregare, sì! Ma quale Dio?

  XXIX Domenica anno C   Bisogna pregare, sì! Ma quale Dio? (Lc 18,1-8)   Fratelli e sorelle, oggi il Vangelo ci parla di una cosa che tutti conosciamo bene: la preghiera. Gesù ci dice che dobbiamo pregare sempre, senza stancarci. Ma a volte ci chiediamo: “Perché pregare? Dio ci ascolta davvero?” Viviamo in un mondo pieno di bellezze, ma anche di ingiustizie. Vediamo guerre, povertà, persone che soffrono. E ci viene spontaneo chiedere: “Ma Dio dov’è? Perché non interviene?” Quando preghiamo e non vediamo risposte, possiamo sentirci scoraggiati. Alcuni si arrabbiano, altri si rassegnano. È facile perdere la fede. Anche i primi cristiani si facevano queste domande. Erano perseguitati, esclusi, trattati male. Pregavano, ma sembrava che Dio non rispondesse. È per loro che Luca ha riportato questa parabola di Gesù. I protagonisti sono due: un giudice e una vedova. Il giudice è un uomo potente. Il suo dovere dovrebbe essere difendere i deboli, ma non è un uomo giusto...

La lebbra di oggi

  Qual è la nostra lebbra? (Riflessione su 2Re 5,14-17 e Lc 17,11-19 )   Oggi vorrei partire da una storia antica, ma sempre attuale: quella di Naaman. La prima lettura di oggi ne riporta solo la parte finale. Naaman era un uomo potente, stimato, rispettato alla corte del re di Siria. Aveva tutto… tranne la salute. La lebbra lo aveva colpito, e a quei tempi era una condanna: non solo fisica, ma sociale. Chi ne soffriva veniva isolato, escluso, dimenticato. Naaman però non si arrende. Sente parlare del profeta Eliseo, in Palestina, e ottiene il permesso di andare da lui. Si presenta con grandi ricchezze, convinto che basti offrire oro per ottenere un miracolo. Ma Eliseo non si lascia impressionare. Gli propone qualcosa di semplice, quasi banale: “Immergiti sette volte nel Giordano e sarai guarito.” Naaman si sente offeso. Lui voleva un gesto solenne, qualcosa di spettacolare. E invece il profeta gli chiede di fare un bagno nel fiume locale. Vuole andarsene deluso. È il suo o...

Fede, lavoro e umiltà

  Fede vuol dire rimboccarsi le maniche, ma con umiltà  (Lc 17,5-10) Gli apostoli vivevano accanto a Gesù ormai da due anni. Lo conoscono, gli vogliono bene, sono affascinati dalle sue parole e dai suoi gesti. Eppure, a volte, ciò che dice li lascia perplessi. Il suo modo di parlare sembra andare contro ciò che hanno sempre imparato, contro le tradizioni religiose trasmesse dai loro genitori. Gesù si è messo in contrasto con le autorità religiose del tempo, e questo li spiazza. Vorrebbero fidarsi di Lui, ma non ne hanno il coraggio. Così, un giorno, si avvicinano e gli chiedono: “ Accresci la nostra fede ”. Gesù li invita a guardare la fede da un’altra prospettiva. Non è una questione di quantità, come se bastasse accumularne un po’ di più. È una questione di qualità. Basta una fede piccola, minuscola come un granello di senape, per compiere cose impensabili, perché non siamo noi a fare miracoli: è Dio che agisce. E Dio non ha bisogno del nostro aiuto, ma del nostro sì. Ci...